ott 202014
 
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di Franco Amigoni e Marco Gallicani

C’è uno spettro che si aggira per l’Europa, anzi per Fidenza. Non quello dell’economista, vivo e vegeto, anzi in splendida forma visto il successo del suo ultimo libro, ma quello della salute del centro storico. Una questione che ha molto a che vedere appunto con il lavoro del francese  Thomas Piketty che ha scritto un libro intitolato “Il Capitale nel XXI secolo”, di fatto il saggio più letto e discusso a livello internazionale del 2014.

Cosa dice Piketty? Il fil rouge del suo lavoro è la dimostrazione (basata su una mostruosa quantità di dati empirici, non su teorie) che in questi ultimi decenni nei paesi occidentali il tasso di rendimento annuo del capitale (nelle sue varie forme) è sistematicamente più elevato della crescita annua del reddito.

Scendendo nel concreto dei centri storici, gli affitti legati alle proprietà immobiliari sono tarati per garantire costantemente ai proprietari un rendimento più alto di quanto non avvenga per l’andamento dei redditi di chi gestisce quegli spazi commerciali dati in locazione: si guadagna di più ad affittare un locale che a lavorarci dentro a quel locale, il primo cittadino si arricchisce e l’altro arranca.
Ma finchè parliamo di differenziale tra due dati positivi, la preoccupazione potrebbe essere relativa (non è vero, ma facciamo finta). Il problema è che oggi i rendimenti degli spazi commerciali sono non di rado negativi. Con l’immediato effetto “collaterale” che il tasso di rendimento annuo del capitale immobiliare diventa rapidamente insopportabile. C’è gente che non si paga lo stipendio per mesi, per provare a stare a galla, poi si vede costretta a rinunciare.

Un meccanismo che genera la famosa “polarizzazione” dei redditi recentemente sottolineata anche dall’Economist, secondo il quale il 94,5% della ricchezza delle famiglie del mondo è posseduto dal 20% della popolazione adulta, ed è distribuita in modo così ineguale che con soli 3,650 $ siete già nella metà più ricca della popolazione mondiale“. Il tutto in una situazione globale di “incredibile” (vista da qui) crescita netta. “La ricchezza globale è passata da 117.000 mld di $ del 2000 a 262.000 mld di $ del 2014. Cioè 56.000 $ per ogni adulto sulla terra”

Fatti due conti, i rendimenti lordi per le proprietà, anche in realtà come Fidenza, possono viaggiare tra il 7% ed il 10%., e raggiungono livelli ancor più elevati in specifiche condizioni. E la caratteristica delle proprietà è che non sono quasi mai flessibili, nel senso che piuttosto di adeguare al ribasso le proprie richieste durante la crisi preferiscono lasciare i locali sfitti, nella speranza di trovare altri interlocutori più solidi. Purtroppo per loro gli interlocutori più solidi hanno anche precise esigenze dimensionali, qualitative, strutturali, che raramente in centro possono essere soddisfatte. Così il numero dei vani sfitti aumenta, e con loro il turn over delle attività che ci provano, bruciano risorse e tornano a chiudere.

Tra l’altro i proprietari degli immobili nei centri storici sono anche coloro che più beneficiano, solitamente, degli investimenti in riqualificazione urbana. Ovvero: il pubblico spende per la città, che ne beneficia nel suo insieme per quanto concerne la qualità della vita (aree ripavimentate, pedonalizzate, arredo urbano ecc.) ma il dividendo economico viene in parte privatizzato e trasferito alle proprietà che affacciano su quelle aree rigenerate, che lo fanno poi pesare sugli affitti. E’ quella che gli economisti chiamano una “esternalità positiva”. Positiva per uno specifico target di cittadini e negativa per altri.

Forse occorre – per esempio – coinvolgere attivamente i proprietari in progetti pubblico privati che aprano un fronte nuovo di strategie urbane. Aprire una forbice tra coloro che sono disposti a essere coinvolti nel progetto (sgravi e facilitazioni?) e coloro che non sono disposti (aggravi?). Ma non solo. Alcuni casi pionieristici in Italia ci sono e stanno iniziando a funzionare. Occorre assolutamente coinvolgere anche i proprietari nei progetti di rigenerazione e valorizzazione urbana, assieme a tutti gli altri portatori di interessi locali che già si impegnano sul tema. Bisogna provarci. Servirà certamente molto di più che lamentarsi dell’ennesima chiusura.

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