dic 302014
 
genius loci

di Franco Amigoni

C’è un tema che continua ad affacciarsi, implicitamente o esplicitamente, nelle discussioni di questi mesi anche a Fidenza. E’ un tema che divide, che costituisce uno spartiacque ideologico, ma che forse può essere affrontato costruttivamente anche qui.

Abbiamo assistito infatti a molte affermazioni da un lato sulla necessità di difendere “le radici”, simboleggiate dal Duomo, dalla Via Francigena, dall’ambiente (i famosi “gelsi” che hanno rappresentato per un movimento locale una bandiera ambientalista), dall’agroalimentare (e qui chi più ne ha più ne metta: galleggianti, food valley, il prosciutto di parma, eccetera).

Dall’altro lato, ci si è mossi evidenziando che il mondo attorno a noi è molto grande e si muove molto velocemente, ed è necessario, per non restare indietro, imparare a progettare in modo diverso e ad utilizzare strumenti nuovi (anche qui ci sono simboli e bandiere: il social housing, il coworking, le città e le comunità “intelligenti”).

Purtroppo si tratta di nomi che spesso vengono dal mondo anglosassone, e una parte non piccola della gente vede con sospetto questo semplice fatto (a me pare un atteggiamento provinciale, che rimanda all’epoca fascista e a quando i nomi degli attori nei film di cassetta venivano italianizzati a forza, ma sono contrario all’uso dell’inglese a tutti i costi, che mi pare di converso, almeno talvolta, una forzatura snob).

Il timore del nuovo da una parte, l’entusiasmo per il nuovo dall’altro. D’altra parte, la sinistra dovrebbe essere progressista. O no? Comunque il tema che sottende a tutte queste discussioni e affermazioni di principio è il Genius Loci.

Vediamo cosa dice Wikipedia: “Il Genius loci è un’entità naturale e soprannaturale legata a un luogo e oggetto di culto nella religione romana. Tale associazione tra Genio e luogo fisico si originò forse dall’assimilazione del Genio con i Lari a partire dall’età augustea. Secondo Servio, infatti, nullus locus sine Genio (nessun luogo è senza un Genio) (Commento all’Eneide, 5, 95).

Quindi stiamo maneggiando un tema molto molto delicato e reale, e sacrosanto. Si tratta dell’identità dei luoghi, e quindi delle persone. Ed è un tema molto pericoloso, se non viene maneggiato con cura. E’ un attimo, infatti, debordare e diventare nazionalisti estremisti. Oppure, al contrario, forzare la mano al cambiamento e “snaturare” un luogo. Mi ha sempre colpito molto, per esempio, il fatto che il fidentino medio, riguardo le torri della Stazione (caso eclatante di genius loci messo in discussione), si preoccupi innanzitutto di dire che sono brutte. Che non c’entrano con il resto. D’altra parte, cosa c’entrava con il resto il Museo Guggenheim di Bilbao, infilato in un quartiere industriale dismesso? Certo, qui non abbiamo avuto archistar.

Secondo me, il genius loci, nella sua versione migliore e aperta al nuovo, è la chiave di volta per trovare un punto di accordo tra tutte le posizioni. Che ottimismo sfrontato, vero?

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