dic 032010
 
protesta

Sembra proprio vero il detto dei nostri nonni “si stava meglio quando andava peggio…” lavorativamente parlando, mai frase sembra più azzeccata.
La riforma del mercato del lavoro, le varie leggi e leggine che ne sono conseguite, hanno inizialmente portato benefici solo agli imprenditori (interessante capire fino a che punto) e portato all’esasperazione i lavoratori, soprattutto giovani, che si affacciano al difficile mondo del lavoro.
Il normale iter in questi anni è conseguire il diploma di maturità e, nella maggior parte, continuare gli studi, prima la laurea triennale, poi spinto dall’idea che “non sei né carne, né pesce” aggiungi solo due anni al tuo piano e voilà, presa nei tempi la laurea specialistica… e poi?
E poi ti fanno credere di essere pronto ad entrare nel mondo del lavoro, grazie alla preparazione universitaria completa, compreso Erasmus, master…, la laurea nei tempi stabiliti che costa non poco sforzo, un buon punteggio grazie alla tesi preparata superando molti ostacoli, una buona conoscenza delle lingue: inglese in primis poi francese e tedesco. Grazie a questo back ground, un giovane neo laureato si aspetterebbe di entrare nel mondo del lavoro, con la consapevolezza di partire da zero e di imparare la “pratica” dopo tanti anni di studi, apprendere e collaborare per migliorare la propria posizione.
Dovrebbe, potrebbe.. purtroppo in Italia un giovane può parlare solo al condizionale, a parte essere il figlio di …  il raccomandato da …. la pupa di… Il merito, l’impegno non sembrano contare nella nostra società, dobbiamo rassegnarci a vivere alla giornata, ingannati da una serie di contratti che partono dallo stage di 6 mesi, che passa a sostituzione di maternità, per poi arrivare, se sei fortunato, a un contratto a tempo determinato, rinnovato di sei mesi in sei mesi, fino ai 36 mesi, quando per l’ azienda non è più possibile allungare l’agonia e allora stacca la spina, tanto centinaia di altri giovani volenterosi sono in fila, pronti a prendere il tuo posto.
Tutto questo si chiama precariato, che dura non solo le settimane della prova ma anni e anni ( è una media di 4/5 anni) dove il giovane non può sbagliare, è sempre giudicato e tenuto sott’occhio, dove a 27 anni non può pensare al suo futuro. Un Ministro ci ha chiamati bamboccioni ma dovrebbe essere lui a spiegare com’è possibile accendere un mutuo per una casa, per i mobili, come una coppia di giovani precari può mangiare, pagare le bollette e pensare di costruire una propria famiglia con 900 euro al mese e precari per anni.
Non tutti hanno la fortuna di avere i genitori alle spalle che aiutano economicamente i figli (anche se dovrebbe essere il contrario) ma la nostra dignità? Ebbene si, anche se ci dipingono come giovani svogliati, con la massima aspirazione di diventare veline o tronisti, in realtà la maggioranza ha la speranza di diventare adulto, di avere un lavoro a tempo indeterminato e di potere essere indipendente, costruendosi una propria vita dignitosa e meritata.
Il Governo e il Presidente del Consiglio sono evidentemente troppo impegnati a litigare e a distruggere il nostro paese, nemmeno se ne accorgono dei 113 mila giovani che nel 2010 hanno lasciato l’Italia, buona parte ricercatori, che all’estero trovano sicuramente più soddisfazione lavorativa che qui. Il danno quantificato della “fuga dei cervelli” è di circa 4 miliardi di euro e il futuro della ricerca e innovazione in Italia è in parte compromesso, ma purtroppo se vuoi sopravvivere, l’unica strada sembra quella di andare via dal bel paese…
Purtroppo a me manca il coraggio, sono ancora legata all’Italia e spero sempre che la situazione possa migliorare, che si esca da questo pantano politico e che una nuova classe dirigente, a cui sta cuore l’Italia e il suo futuro, fuori dai giochi di palazzo e dal proprio tornaconto personale, si formi e possa prendere in mano la tragica situazione che anni e anni di mal governo del centrodestra ha creato.

Cecilia Bergamaschi

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