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set 262025
 
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REGGIO EMILIA – 14 SETTEMBRE 2025, FESTA NAZIONALE DELL’UNITA’

maxresdefaultNon posso, e non voglio, nascondere l’emozione che ogni volta è salire su questo palco. È un senso di gioia, un onore, una grande responsabilità. Ma quest’anno, lasciatemelo dire, quest’anno è diverso. Quest’anno se possibile, è ancora più intenso.

Girando tra gli stand, incontrando chi ha cucinato, chi ha montato i tavoli, chi ha allestito, chi ha fatto vigilanza la notte, chi ha dato una mano in mille modi, ho avvertito più che mai, una sensazione semplice quanto potente: la consapevolezza di essere parte di qualcosa di più grande. Un’onda che ci precede, che ci accompagna e che continuerà, quel meraviglioso cammino di donne e di uomini, di lotte e di utopie, di cadute e di conquiste di emancipazione, perché ottant’anni fa cominciava una storia straordinaria.
Una storia che non appartiene solo a noi. Una storia che appartiene alla vita democratica del Paese. 80 anni fa la prima Festa Nazionale dell’Unità! Era il settembre 1945.
Il Paese era in macerie, appena liberato dall’oppressione nazifascista, profondamente segnato dai lutti e dalle devastazioni della guerra. Ma c’era anche, forte, la voglia di far
nascere, da quelle rovine, un’Italia nuova, diversa, migliore. Parteciparono in duecentomila a quella “scampagnata” a Mariano Comense, dove sono tornata qualche giorno fa, quella è stata la prima Festa Nazionale dell’Unità: famiglie, operai, partigiani con ancora le cicatrici della guerra e del ventennio sotto il regime fascista, che hanno scelto il modo migliore di ripartire: insieme. Ridandosi il diritto alla felicità. Riscoprendosi comunità. E da allora,quella scintilla, non si è mai spenta. Sono ottant’anni di tavolate e di dibattiti, di musica e di militanza.

Non esiste niente di paragonabile in Italia, per capacità di mobilitazione e prova di radicamento sul territorio, e niente di paragonabile, probabilmente, nemmeno altrove. Dobbiamo esserne orgogliosi.
E oggi — pensate — sono ancora più di cinquecento! Cinquecento in tutta Italia! E pure fuori dall’Italia grazie alla nostra meravigliosa comunità di iscritte e iscritti all’estero, il Partito più presente fuori dai confini nazionali per cui vi chiedo un forte applauso! Tanti ci stanno seguendo dai loro circoli!
È un numero che cresce. Feste che dopo anni abbiamo riaperto e rilanciato. Un filo tenace che lega diverse generazioni. Tanti di noi sono cresciuti tra questi tavoli.

Una formula che ha saputo però innovarsi fino ai giorni nostri, ma senza mai perdere la sua anima: l’idea che la buona politica non si muove sulle spalle delle traiettorie individuali ma si muove nella dimensione popolare e nella dimensione collettiva, nella passione condivisa, nel Noi.

E ancora oggi, in una società frammentata, in un tempo di connessioni virtuali e solitudini molto reali, le Feste restano un avamposto: un presidio di socialità e di democrazia, specialmente nelle aree interne del nostro Paese, e allora voglio rivolgermi con infinita riconoscenza alle volontarie e ai volontari, ai nostri militanti, ai segretari di circolo e di federazione, a quelli regionali e tutti i nostri amministratori e consiglieri, ai nostri parlamentari e ai dipendenti del nostro Partito: Grazie! Grazie! Grazie!

Grazie al Partito di Reggio Emilia che ci ospita anche quest’anno, al Partito dell’Emilia Romagna.
Grazie al nostro organizzatore Igor Taruffi che si è tanto occupato della Festa Nazionale.
Grazie perché ci ricordate che questa è la politica migliore. La politica soffoca se imprigionata esclusivamente nella bolla dei social e dei talk show.
Grazie perché siete voi l’esempio che le cose non si cambiano stando fermi. Non si cambiano da soli.
Grazie perché “chi regala le ore agli altri vive in eterno”, per prendere in prestito i versi di Alda Merini. Grazie a chi come Armida a questa festa, al “Ristorante Rifugio” a 93 anni viene ancora a pulire i funghi! E potrei citarne tanti altri che ho incrociato in queste settimane.

Ecco il senso vero della sfida, realizzare un partito che assomigli sempre di più al popolo delle sue Feste.
Perché la Festa è un esempio in cui il Pd è stato all’altezza della intuizione originaria: costruire un progetto nuovo, sì, ma nutrendosi del meglio delle culture politiche che lo hanno originato e fondato. Mischiandosi. E  crescendo insieme una nuova generazione di militanti, una nuova classe dirigente che non è neanche più in grado di dividersi per le appartenenze pregresse ma è nata e cresciuta nel Partito Democratico, con l’opportunità  di essere figli orgogliosi di tutte le sue storie e di tutte le sue culture nessuna esclusa. E cosa c’è di meglio di una meravigliosa Festa come quella di Reggio Emilia?

È un pezzo della nostra sfida: tenere insieme una grande forza plurale, e teniamocela stretta, dico io, in mezzo a tutti questi partiti personali, teniamocela stretta la nostra grande forza politica plurale!
Mettendo insieme le nostre radici, traendone nuova linfa, declinandole al presente e pure anche al futuro.
Abbiamo lavorato, tutti insieme, ad un Partito più aperto, più accogliente, più umile nell’ascolto. Un Partito empatico: vicino ai bisogni, alle attese e alle speranze delle persone.
Abbiamo puntato su radicamento, attenzione alla voce dei territori, ricostruzione del senso di comunità e apertura. E soprattutto, per citare il nome della nostra Festa, abbiamo perseguito testardamente un obiettivo: Unità, Unità e Unità!

Unità, testardamente unitari, i Gd me lo hanno messo anche su un braccialetto che non tolgo più.
Ed è con emozione che possiamo dire, oggi, che grazie a questo lavoro paziente con le altre forze di opposizione siamo riusciti a chiudere la stessa alleanza progressista in tutte le regioni che vanno al voto. Avanti insieme. Non succedeva da vent’anni. È grazie al vostro/nostro sforzo e delle altre forze alternative a questa destra. Dico a Giorgia Meloni e alla destra: abituatevi, perché non ve lo facciamo più il favore di dividerci, e uniti e  compatti vi batteremo, prima nelle regionali e poi alle elezioni politiche! Un grande, in bocca al lupo a tutti i nostri candidati Presidenti e a tutti i nostri candidati e candidate nelle liste dei Consigli Regionali e anche nei Consigli Comunali, ad Aosta si vota anche nel comune.

Unità dentro e fuori dal partito lo dicevo. Per continuare a costruire un partito accogliente, che non resta chiuso nelle stanze, ma che si immerge di nuovo nella società, che torna nei quartieri, nei luoghi di lavoro, nelle scuole, negli spazi di socialità, nelle città come nelle aree interne, nelle periferie fisiche ed esistenziali. E oggi, consentitemelo, voltiamoci almeno per un istante a guardare la strada fatta insieme, in questi ultimi anni. Non perché basti, anzi, sappiamo che tantissimo lavoro ancora resta da fare. Ma per orientarci nella mappa del nostro viaggio e per fare il punto insieme, per constatare se qualcuno dei semi che abbiamo piantato sta generando i suoi frutti. E la risposta è sì. Oltre ogni previsione. Lo abbiamo visto nei tesseramenti! Lo abbiamo visto nello straordinario riscontro sul due per mille, con il record dell’anno scorso cresciuto ancora nei primi mesi di  quest’anno e che ci ha permesso di mandare importanti risorse a tutti i territori che ce lo chiedevano. Lo abbiamo visto nelle europee crescendo di 5 punti rispetto alle politiche, lo abbiamo visto vincendo: in Sardegna, qui Emilia-Romagna con Michele De Pascale, in Umbria; vincendo nettamente nelle ultime due tornate di amministrative, con risultati cresciuti ovunque per le nostre liste.

E allora lo voglio affermare qui, guardandovi bene negli occhi. Sono convinta che noi ce la Faremo. Sono convinta che costruiremo passo per passo l’alleanza e la coalizione progressista che batterà le destre alle prossime elezioni politiche per cambiare questo Paese. In questi oltre due anni abbiamo smentito chi guardava con diffidenza e con sufficienza al nostro paziente lavoro di ricucitura, di aggregazione, di dialogo. Anche nei momenti più difficili non abbiamo rinunciato al nostro spirito testardamente unitario. Certo, molto resta da fare. Il cammino è faticoso, lo sappiamo, e lastricato di molte difficoltà, ma oggi possiamo vedere, con fiducia, che l’alternativa è qualcosa di più di una aspirazione comincia ad essere concreta, un cantiere aperto, una realtà. L’alternativa prende vita e forma in tante proposte comuni fatte in parlamento, per cui ringrazio l’impegno dei nostri parlamentari, nelle battaglie unitarie fatte con le altre opposizioni, nelle piazze che abbiamo condiviso, nel confronto quotidiano, nel Paese. Anche nei territori. Guardate dove già governiamo bene insieme, e pensate anche alle prossime regionali: ovunque il centrosinistra si presenta unito, compatto e competitivo. E noi non ci mettiamo insieme semplicemente contro qualcuno o contro qualcosa, noi ci mettiamo insieme per una visione condivisa di quello che vogliamo fare per questo Paese. Non stiamo insieme per il potere, come fanno a destra dove infatti sul potere litigano e ancora non ci hanno detto chi saranno gli sfidanti dei nostri candidati in Veneto, in Puglia e in Campania. Fateci sapere!

Siamo già in campo in tutte le regioni per parlare, non di loro, ma dei bisogni concreti delle persone. Con le altre forze avvertiamo, io credo, una comune responsabilità, di mobilitare energie e competenze fra noi, e  attraverso la società, per costruire, questa alternativa allo stesso tempo valoriale e programmatica. All’esecutivo che è il più a destra della storia repubblicana, a cui lo dico sempre: non è il medico che ci chiede l’unità, ce lo  chiede la nostra gente ed è per questo che è l’unità vogliamo costruire. Il Pd è il perno di questa prospettiva. Il nostro Partito si è dimostrato vitale, saldo, forte e guardate noi vogliamo mettere questa forza generosamente  al servizio di un progetto più largo inclusivo, unitario, di una nuova agenda per l’Italia. Ma vedete, credo che le occasioni come quella di oggi, però, siano importanti per allargare anzitutto lo sguardo a quanto accade fuori  da noi e fuori dai nostri confini. Perché oggi guardando al mondo, siamo assaliti da una morsa di inquietudine e dolore. Incombe su tutti noi, come una nebbia, questa atmosfera plumbea, opprimente della guerra, delle  guerre. La guerra non è la prosecuzione della politica con altri mezzi, la guerra è la fine, è la morte della politica, e noi dobbiamo riportare la politica, dobbiamo riportare gli strumenti della politica, del dialogo, della cooperazione, della diplomazia.

Ecco perché vogliamo un maggiore protagonismo dell’Italia e dell’Europa per la pace. Perché per noi la pace è una questione identitaria, viene prima di ogni altra non ci può essere giustizia sociale senza la pace, non ci può  essere libertà senza la pace. Per questo anche oggi, da qui, torniamo a dire che bisogna fermare i crimini di Netanyahu a Gaza e in Cisgiordania e bisogna fermarli adesso, è già tardi. Stanno violando ogni norma del diritto  internazionale e umanitario, massacrando 60.000 palestinesi, uccidendo più di 200 giornalisti e sparando pure alle ambulanze e ai bambini in fila mentre chiedono gli aiuti negati. Davanti a questo non si può dire altro che  sono crimini contro l’umanità. Hanno colpito persino i negoziatori in un altro stato, non si era mai visto.

Torniamo a chiedere un cessate il fuoco immediato. Torniamo a chiedere lo sblocco di tutti gli aiuti umanitari necessari alla popolazione palestinese martoriata, stretta in un fazzoletto di terra dove si bombarda tutto, anche  le scuole e gli ospedali, costretta a quella che l’ONU ha definito una carestia. Chiediamo la liberazione di tutti gli ostaggi israeliani ancora nelle mani dei terroristi di Hamas, di cui Netanyahu pare essersi del tutto  disinteressato. Chiediamo di usare tutte le leve possibili per fermare l’occupazione illegale di Gaza e della Cisgiordania. Servono sanzioni per il governo israeliano e i suoi ministri che invocano apertamente la cancellazione  dei palestinesi, serve sospendere quell’accordo di cooperazione tra UE e Israele, e serve interrompere quel memorandum di collaborazione militare che ancora sussiste tra il governo italiano e il governo israeliano. L’Italia  non può essere complice di quei crimini. Per questo diamo piena solidarietà e supporto alle attiviste e agli attivisti della più grande operazione umanitaria dal basso della storia recente, la Global Sumud Flotilla, tra cui  avete visto ci sono anche i nostri parlamentari che ringrazio ancora. Una missione pacifica, disarmata, che porta aiuti, una missione che si svolge nel pieno rispetto del diritto internazionale umanitario. Le minacce del  ministro israeliano Ben-Gvir sono vergognose, perché l’unica cosa illegale qui è quel blocco di aiuti umanitari e di cibo che il governo israeliano che sta imponendo sui palestinesi. L’UE, i governi, e il Governo italiano hanno il dovere di proteggere l’incolumità della missione, l’ho chiesto per iscritto a Giorgia Meloni. Anche perché diciamoci la verità la Global Sumud Flotilla sta facendo quello che avrebbero dovuto fare l’UE e i governi  europei.

E torniamo a esortare Giorgia Meloni a fare come ha fatto la Spagna, l’Irlanda, la Norvegia, presto la Francia: a riconoscere lo Stato di Palestina pienamente, perché anche i palestinesi, come gli israeliani, hanno diritto ad  esistere e a vivere in pace e in sicurezza in un loro Stato. Guardate, in questi giorni abbiamo visto Trump negare i visti ai palestinesi, alla delegazione palestinese che voleva andare proprio all’ONU per discutere di Palestina. Io vorrei chiarire una cosa, Gaza non sarà mai un Resort di lusso per ricchi come nei video orrendi e oltraggiosi di Trump, Gaza è dei Palestinesi, e deve rimanere dei Palestinesi. Non ne possiamo più delle parole  ipocrite e di circostanza del governo italiano e della Presidente Meloni quando sappiamo che a Bruxelles anche in questi giorni il governo italiano ha bloccato le pur timide sanzioni proposte dalla Commissione europea  ontro il governo dic Netanyahu. Quale credibilità potrà avere il diritto internazionale se oggi davanti alla sua evidente e brutale violazione la comunità internazionale e l’Unione europea non reagiscono?

Basta con questi insopportabili doppi standard, abbiamo reagito insieme compatti quando i crimini di guerra li ha compiuti Putin, dobbiamo farlo anche quando li compie Netanyahu. Vedete, il nostro Paese ha sempre avuto una tradizione diplomatica importante, di promozione della pace e del multilateralismo.

Una vocazione di diplomazia e politica estera, di dialogo e di ponte nel Mediterraneo. Una grande attenzione sulla questione palestinese e su tutto lo scacchiere Medio-orientale che era un patrimonio comune, era trasversale alle diverse forze politiche. È triste vedere come tutto questo oggi sembri dimenticato e rinnegato. Fa male constatare che proprio il nostro Governo sia fra quelli che si mettono di traverso, e impediscono la possibilità di una presa di posizione più forte da parte delle istituzioni europee. Non si può piegare la politica estera di un grande Paese come l’Italia alle proprie amicizie politiche ed ideologiche. Questo dobbiamo dire al  governo Meloni. Perché vedete, loro si riempiono la bocca di sovranità, ma io fino a qui ho visto che hanno dimostrato subalternità. A Trump, come a Netanyahu. Trump ha negato quei visti ai palestinesi l’altro giorno vi dicevo. Ma come osano pensare di discutere del futuro della Palestina senza che a quel tavolo ci siano i palestinesi? Del resto è lo stesso Trump che in questi mesi pensava di negoziare solo con Putin per decidere il futuro  dell’Ucraina! Noi lo ribadiamo con forza: non si può negoziare una pace giusta senza che a quel tavolo sieda il popolo che ha subito un’invasione criminale. E accanto all’Ucraina si deve sedere l’Unione europea, con una voce sola e forte, per difendere gli interessi di sicurezza ucraini ed europei, perché è chiaro che Trump non ha questa priorità.

Abbiamo sempre sostenuto in ogni forma necessaria il popolo aggredito, chiediamo all’Unione europea di affiancare a questo supporto anche lo sforzo diplomatico e politico che fin qui è mancato da parte europea per non  lasciare il campo solo a Trump, dal cui arrivo, la verità è che Putin si sente più forte, da quando è arrivato Trump forse anche perché viene accolto col tappeto rosso senza portare a casa i risultati, come abbiamo visto qualche tempo fa in Alaska. Serve l’Europa, serve la politica, serve la diplomazia per porre fine a questa guerra che rischia pure di allargarsi come abbiamo visto con enorme preoccupazione davanti alla gravissima  violazione dello spazio aereo polacco e quindi europeo da parte della Russia negli scorsi giorni. Siamo più in generale davanti ad un’offensiva di una destra nazionalista ed autoritaria in molti Paesi del mondo. Una destra unita dalla volontà di smantellare il diritto internazionale, di delegittimare le sedi del multilateralismo cooperativo e di delegittimare le Corti di Giustizia Internazionale. Perché questa destra in fondo non tollera di essere  sottoposta alla legge, che dev’essere uguale per tutti. E per questo si sceglie ogni giorno gli stessi nemici: i migranti, i diversi, le comunità lgbtqia+, i giudici, le ONG, i giornalisti liberi, le opposizioni democratiche, gli  attivisti climatici, chi più ne ha più ne metta. Si nutrono di un nemico al giorno per nascondere che non stanno dando risposte ai bisogni concreti dei cittadini.

Tra i primi cento ordini esecutivi di Trump non ce n’era uno che riguardasse il diritto alla salute degli americani, non ce n’era uno che riguardasse i loro salari. E guardate che allo stesso modo vediamo agire anche la  propaganda della destra italiana: un nemico al giorno, un capro espiatorio, perché se qualcosa non va è sempre colpa di qualcun altro, mai che si assumano loro mezza responsabilità che sono al governo da tre anni. Non  attacca più! Eppure questa retorica dei nemici finisce col metterli gli uni contro gli altri, dalle parti opposte dei muri che vogliono costruire a tutti i confini. Sta a noi però far emergere queste contraddizioni, che con Trump  sono divenute più evidenti. La subalternità ideologica della destra italiana a Trump fa compiere scelte a questo Governo che ledono anche l’interesse nazionale.

Pensate alla scelta nel G7 di accettare l’esenzione delle multinazionali americane dalla tassa minima globale al 15%, che è già troppo bassa, intendiamoci, mentre qui hanno rinunciato a fare una vera lotta all’evasione  fiscale. Perché il 15% è molto meno di quanto paghi un’industria del biomedicale qui vicino o una bottega artigiana, o un operaio metalmeccanico. Pensate ancora una volta alla scelta di accettare a testa bassa la pretesa di  Trump di aumentare la spesa militare al 5% del PIL, che rischia di mettere fine allo stato sociale italiano per come lo abbiamo conosciuto, quando Meloni avrebbe dovuto fare come Pedro Sanchez e dire di no a questa  pretesa di Trump, confermando l’appartenenza all’Alleanza e confermando che raggiungerà tutti gli obbiettivi di capacità stabiliti dalla Nato, ma senza aumentare la spesa militare al 5% per non danneggiare l’economia e il  welfare in Spagna. Pensate, ancora, alla guerra commerciale dei dazi di Trump, che danneggerà enormemente l’economia europea, ma sono convinta, anche quella americana. Altro che pontiera. Quella di Meloni con  Trump appare un’amicizia unilaterale che ha un prezzo altissimo per gli interessi dell’Italia. Il governo italiano ha per mesi ignorato, vi ricordate non ne parlavano. Ha poi minimizzato, vi ricordate sicuramente Tajani  quando diceva che bastava aumentare un po’ leimportazioni, ma soprattutto vi ricorderete Salvini che ha parlato dei dazi come un’opportunità per le nostre imprese – chiedetelo alle imprese cosa ne pensano – perché è la Confindustria che stima miliardi in meno di export solo l’anno prossimo e Svimez stima che ci sono a rischio 100mila posti di lavoro. Il governo italiano insieme agli altri governi conservatori e nazionalisti hanno spinto  l’Unione Europa su una linea morbida nel negoziato che si è rivelata del tutto fallimentare, e ora assistiamo ad una sorta di rimozione. Cioè il governo di Giorgia Meloni non ha ancora detto come intende sostenere le  imprese e le famiglie davanti ai dazi del suo amico Trump.

Ad inizio Aprile avevano annunciato un piano da 24 miliardi. lo avete più visto? Sparito nel nulla. Allora davanti a questo abbiamo due consigli a questo Governo, li diamo da un po’ due cose che il governo può fare subito  domattina, nel primo Consiglio dei ministri, e le potrebbe fare a costo zero:

La prima: per sostenere la domanda interna, è approvare subito una legge sul salario minimo: perché sotto i 9 euro all’ora non è lavoro, è sfruttamento, non deve essere legale. Una legge che rafforza la contrattazione  collettiva ma dei sindacati realmente rappresentativi. Il salario minimo esiste già in 22 Paesi europei ed ha aiutato a difendere il potere d’acquisto delle famiglie davanti dall’inflazione che aumentava, innescando una dinamica salariale positiva, pensate alla Germania, che è andata ben oltre quella dei lavoratori poveri che a quella soglia nemmeno arrivavano una dinamica positiva per i salari di tutti i tedeschi, ne abbiamo bisogno  anche qua.

La seconda cosa da fare a costo zero è molto semplice è quella che ci chiede ogni imprenditore che stiamo incontrando in giro per l’Italia e quella di intervenire subito per abbassare il prezzo dell’energia, perché abbiamo le  bollette più care d’Europa e voi lo sapete benissimo. Lo hanno sintetizzato meglio di come potrei fare io gli operai che ho incontrato davanti alla fabbrica di Pomigliano, che mi hanno detto – “guarda noi il caro energia lo  paghiamo tre volte: una prima volta quando arriva a casa, una bolletta triplicata; una seconda volta quando andiamo a fare la spesa e con lo stesso salario non riusciamo a comprare le stesse cose di prima, perché i prezzi  sono aumentati; una terza volta, quando la nostra azienda non riesce a pagare l’energia, entra in difficoltà e ci mette in cassa integrazione”. E allora come intervenire subito sull’energia basta fare quello che hanno fatto in  altri paesi europei: scollegare il prezzo dell’energia dal prezzo del gas, che è la fonte più cara ma è quello che determina il prezzo delle vostre bollette, incentivando i Power Purchase Agreement, condizionare la proroga  delle concessioni idroelettriche alla fornitura di energia a prezzi più bassi. Basta fare come hanno fatto in Spagna e in Portogallo. Se in 3 anni su questo Giorgia Meloni non ha fatto niente viene da pensare che non abbia  ancora trovato il coraggio di intaccare gli extraprofitti che maturano un pugno di grandi società energetiche a scapito di tutte le altre imprese e di tutte le altre famiglie italiane. Noi invitiamo il Governo a trovare quel  coraggio, e se lo farà, ci lavoreremo anche noi e daremo una mano e faremo la nostra parte. È sempre questa destra che come al solito si dimostra forte con i deboli e debole con i forti!

Di fronte a chi cerca di sostituire il diritto internazionale con la legge del più ricco e del più forte, l’Italia invece deve difendere il multilateralismo. In questo quadro geopolitico dove tutto cambia molto in fretta l’Europa  rischia di rimanere schiacciata e messa al margine dall’aggressività di Trump da un lato, dall’aggressività, diversa, ma comunque forte, che c’è nell’espansionismo cinese, si sta espandendo, e naturalmente anche da quello  che comporta la minaccia russa. L’Europa è di fronte a un bivio e si deve rendere conto che non è più il tempo di rimandare le scelte coraggiose. Oggi serve, serve il coraggio di un salto in avanti dell’unità europea, l’ha detto  con parole come al solito profonde e urgenti il nostro Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ancora una volta vogliamo ringraziare per la lungimiranza e saggezza della sua guida.

Il Partito Democratico continuerà a battersi per l’Europa federale. Continueremo a batterci per superare l’unanimità e i veti nazionali, anche perché con l’unanimità non riesci a gestire neanche un condominio. Quei veti  nazionali tengono a freno la nostra Europa. Se oggi non ci son le condizioni per cambiare i trattati e superare l’unanimità, non ci siano nemmeno scuse: si proceda con cooperazioni rafforzate come si è fatto spesso nella  storia dell’Europa per fare dei passi avanti con chi ci sta come si è fatto spesso in Europa. Questo è il minimo. E per non essere poi schiacciati da questa competizione e reagire ai dazi occorre proseguire con gli investimenti  comuni europei, quel Next Generation EU che non è piovuto dal cielo ma è nato dall’impegno della nostra famiglia socialista e democratica europea, dei nostri commissari, dei nostri eurodeputati, e di un grande Presidente  del Parlamento europeo che voglio ricordare: David Sassoli. Proseguiremo in questo impegno perché oggi serve un Next Generation EU da 800 miliardi all’anno, non spalmati su quattro. 800 miliardi di  investimenti pubblici e privati per puntare all’autonomia strategica europea, che costituiscano la base di un grande piano industriale europeo, che accompagni le imprese nella doppia transizione ecologica e digitale, e che  colmi quel gap di competitività con i colossi che ci circondano, perché dopo l’IRA americano e gli investimenti poderosi dei cinesi serve una politica industriale europea che scelga le filiere strategiche su cui mettere a  sistema le migliori competenze dei 27 Paesi membri: intelligenza artificiale, quantum computing, batterie, accumulo. Nessuno stato europeo da solo può competere con la portata di investimenti sull’intelligenza artificiale messa in campo da Usa da un lato e dalla Cina dall’altro in una forte concorrenza tra di loro.

L’unione fa la forza. 800 miliardi all’anno per un piano industriale, sociale, ambientale, dell’innovazione e anche della difesa comune, anche, non solo della difesa comune.

Una vera difesa comune europea significa economia di scala, ottimizzare le risorse, significa, ricerca e sviluppo fatti insieme e interoperabilità fra i 27 sistemi di difesa, mentre noi, riteniamo sbagliata la strada del mero  riarmo nazionale di 27 diversi eserciti scoordinati tra loro che non aumenta la deterrenza e che rischia solo di risolversi nell’aumento della nostra dipendenza strategica acquistando le armi da Trump. Facciamo un esempio  concreto: la crisi del settore dell’Auto ci colpisce profondamente anche in questo territorio è profonda e non è solo italiana è europea. L’Automotive è un settore da 13 milioni di addetti in Europa e che in Italia rappresenta  5500 imprese e circa il 7% del Pil. Noi quando proponiamo un nuovo Next Generation EU pensiamo che lì dentro ci sia lo spazio per un fondo europeo finanziato con eurobond per un programma di rigenerazione del parco  veicoli europeo, con l’obiettivo di ridurre le emissioni e di sostenere l’industria europea facendo quello che a livello nazionale non puoi fare, cioè incentivi per acquistare auto europee non per approfondire, anche lì,  la nostra dipendenza strategica rispetto ad altri attori globali.

Il governo Meloni non sta facendo questa battaglia. Attenti. Non ha mai fatto la battaglia per
gli investimenti comuni, forse per non scontentare i suoi alleati nazionalisti, quelli che
durante la pandemia, ve li ricordate, andavano in giro con il cartello “non un centesimo
all’Italia”. Mi pare che si è scelta sempre gli amici sbagliati negli interessi nazionali. Ma
deve capire che questa è una battaglia che serve anzitutto al rilancio della nostra
manifattura.

L’Europa deve poi diversificare i suoi partner commerciali, aprire a nuovi mercati lavorando
con gli altri partner traditi dai dazi di Trump, penso al Canada, penso all’Australia, penso al
Giappone, bene accelerare con il Mercosur ma bisogna ampliare, tessere nuove relazioni
basate sulla cooperazione. Deve assumere un ruolo più forte sulla scena globale, più
credibile costruire percorsi di pace, difendere il dialogo e la cooperazione internazionale.

Dentro alla nostra famiglia socialdemocratica faremo questo nel Parlamento europeo:
continueremo queste nostre battaglie e incalzeremo la Commissione Europea a proseguire
su questa strada. Non faremo dare per scontati i nostri voti, non permetteremo ai popolari
europei di spostare le politiche europee sempre più a destra per rincorrere i nazionalisti che
sono quelli che la frenano l’Europa che vogliamo. A ottobre daremo il nostro contributo al
congresso del PSE ad Amsterdam per rafforzare la nostra agenda progressista per l’Europa
perché non lasceremo l’internazionalismo ai nazionalisti di destra.

Veniamo però all’Italia perché guardate che la situazione è piena di fragilità.

Fuori dal palazzo in cui si è rinchiusa per questi anni che Giorgia Meloni c’è un’altra Italia
che Meloni non ascolta e che non racconta. Fuori dalla propaganda del governo c’è un’Italia
che fa fatica e che va sostenuta. E noi che siamo una forza che ha cultura di Governo
abbiamo il dovere di esercitare realismo e consapevolezza perché la realtà è testarda e non
può essere ignorata. L’economia italiana in questo momento è sostanzialmente ferma. Il PIL
è cresciuto meno della UE, questo trimestre ha davanti un segno meno, speriamo che non
duri. Senza il PNRR noi rischiamo di essere già in recessione. La produzione industriale ha
fatto un calo per 28 mesi quasi consecutivi e sappiamo che l’incertezza è la peggior nemica
degli investimenti e dello sviluppo.

All’incertezza di mesi sui dazi di Trump si è aggiunta quella del governo che ci ha messo 9 mesi a parlare di modifiche al PNRR, rallentandone l’attuazione per piantare una bella bandierina ideologica. Perché non lo sentiva suo.
Oggi a settembre siamo a 74 miliardi spesi su 195.
L’anno scorso a settembre erano 52. Vuol dire che nell’ultimo anno ne hanno spesi circa 22. Ora come ci raccontano che ne spenderemo 120 solo nel 2026.
Allora serve chiarezza su come proseguiranno gli investimenti quando sarà finito il PNRR.

Siamo un Paese dove ci sono 4,5 milioni di lavoratrici e lavoratori che sono poveri anche se
lavorano, e loro continuano a bloccare la nostra proposta sul salario minimo.

Siamo un Paese dove la destra ci ha ossessionato per anni sull’immigrazione e non ha visto
l’emigrazione, di 100 mila giovani che escono all’anno perché con i contratti così precari
che loro hanno aumentato e con i salari così bassi che loro tengono bloccati vogliono
costruirsi un futuro altrove. Dobbiamo invertire questa rotta, perché in questo quadro
economico e sociale così fragile questo governo dimostra di non avere una visione, non ha
messo in campo uno straccio di politica industriale, ha fatto una politica economica di
massimo rigore senza però dare alcuno slancio all’economia.

Una politica minimalista e corporativa che ha anche aumentato le diseguaglianze e che
divide le categorie. Vedremo cosa ci riserva la prossima manovra. Probabilmente sarà la
terza senza respiro. Ma un appello lo voglio fare a questo Governo. Nel 2025 la pressione
fiscale toccherà il 42,7 % del PIL, è il livello più alto dal 2020. Il Governo ha incassato dal
ceto medio 22 miliardi di tasse in più per effetto del drenaggio fiscale, quel che succede
quando i redditi crescono solo per effetto dell’inflazione e fanno scattare delle aliquote più
alte. Questo aumento ha più che mangiato quello che il Governo aveva messo per ridurre le
tasse con il taglio del cuneo, 22 miliardi ha preso, 17 aveva dato. Di questo stiamo parlando.
Allora, Meloni dovrebbe iniziare da qui: restituire a quei lavoratori e a quei pensionati
queste risorse, sterilizzare il drenaggio fiscale e indicizzare gli scaglioni dell’IRPEF
all’inflazione, come succede nella gran parte delle economie avanzate, perché altrimenti
prendi con una mano ciò che hai dato con quell’altra.

L’unico vero interventismo, bisogna riconoscerlo a questo governo, l’hanno messo nel
complicato risiko bancario, dove anziché svolgere il ruolo di arbitro imparziale a tutela delle
regole del mercato il governo è sceso in campo direttamente per favorire cordate considerate
amiche con un’ingerenza senza precedenti che rischia di creare un inedito blocco di potere
economico e politico, in barba a qualsiasi principio liberale. Dobbiamo sapere, dobbiamo
fare attenzione perché questo sta accadendo.

Questo è grave persino per chi ha già occupato militarmente il servizio pubblico per
renderlo il megafono della propaganda del governo, senza alcuna logica aziendale, e
danneggiando gli ascolti della più grande azienda culturale italiana: la RAI. L’8 agosto è
passato, e da allora, per l’inerzia del governo, l’Italia è fuori legge rispetto al recepimento
del Media Freedom Act che chiede che la governance del servizio pubblico sia indipendente
dalla politica e dai partiti. Noi continueremo a batterci per questa riforma.

E lo stesso si dica per la Cultura, dove l’unica ossessione del governo è piazzare i propri
amici e protetti, senza un disegno che capisca che abbiamo interi settori della Cultura in
sofferenza, che hanno bisogno di ascolto, di cura, di rilancio, di politiche mirate. Prendo ad
esempio quello del Cinema, si è appena conclusa la Mostra su cui abbiamo fatto noi una
proposta concreta a questa maggioranza per sostenere un’eccellenza italiana, un’eccellenza
del made in Italy, un’eccellenza che è il settore del Cinema e dell’Audiovisivo.
Nell’incertezza creata dal governo cosa è successo? Che gli investimenti hanno frenato e il
risultato è che si è alzata una folle disoccupazione all’interno del settore del cinema che
rischia di veder perdere per sempre delle competenze, di saperi delle maestranze che sono il
vero valore aggiunto in quel settore.

All’Italia serve invece una politica che guardi lontano: serve una nuova idea di sviluppo, che
rimetta al centro il benessere delle persone, serve un piano per tornare a crescere e noi
faremo le nostre proposte anche in vista della prossima manovra. Servono scelte coraggiose
che abbiano l’ossessione di migliorare la produttività, puntando sulla ricerca – che in Italia è
troppo precaria – puntando sull’innovazione, puntando sulla qualità e la sostenibilità delle
produzioni.

C’è un’economia in Europa che sta andando bene, è quella spagnola. Magari perché hanno
aumentato del 50% il salario minimo, che lì esiste, anziché bloccarne l’approvazione;
magari perché hanno speso bene e in fretta tutte le risorse del PNRR, anziché perdere 9 mesi
a cambiarlo; magari perché hanno investito sulle rinnovabili e agito sul prezzo dell’energia
o perché hanno fatto politiche industriali in quel paese, perché hanno fatto sedere allo stesso
tavolo imprese e sindacati e hanno concordato di ridurre la precarietà che fa venire paura di
futuro ai giovani anche in questo paese. Noi siamo stufi della retorica vuota del governo sul supporto alle famiglie quando fanno il contrario di quello che alle famiglie serve, tagliando la sanità, tagliando il welfare, tagliando le risorse per l’educazione dell’infanzia, bloccando
le nostre proposte sul congedo paritario. Poi ci arrivo. Ma guardate, la cosa vera e prima è
questa. Se vogliamo contrastare la denatalità, cominciamo ad abbattere la precarietà, perché
purtroppo quella precarietà è una parte della ragione perché tante famiglie vogliono mettere
al mondo dei figli e hanno paura che sarà difficile riuscire a mantenerli. Questo è quello che
tante donne e ragazze della mia generazione e di quelle successive mi consegnano quando le
incontro. Facciamo i conti con questa realtà. Noi pensiamo che un altro modello di sviluppo
non solo è possibile, ma genera crescita e benessere per tutti, come stanno facendo là.
Noi da mesi con spirito costruttivo facciamo quindi la nostra parte, accanto ad ogni critica,
mettiamo una proposta alternativa. Il governo dimostri di saper ascoltare. Se non noi,
almeno il grido di quell’Italia che oggi fa più fatica.

Noi che stiamo cercando di raccogliendo in tutto il paese, vogliamo raccontarla così, l’Italia
che vogliamo.

L’anno scorso, proprio da questo palco, ci siamo dati le 5 priorità cruciali su cui costruire
l’alternativa a questa destra. 5 priorità semplici, che stanno sulle dita di una mano. Fatele
vostre e portatele tra la gente, laddove sappiamo che alberga la sfiducia più totale verso la
politica, laddove si insinua l’indifferenza, laddove c’è quell’idea per cui sono un po’ tutti
uguali, laddove c’è quell’idea per cui il voto alla fine non fa una grande differenza sulla
propria condizione materiale.

Siate voi a portare la speranza di una politica diversa parlando di queste priorità che
interessano la vita concreta delle persone. Su ognuna di queste priorità in quest’ultimo anno,
abbiamo fatto iniziativa in Parlamento e nei territori, lavorando con la Segreteria Nazionale,
che ringrazio, con i nostri Gruppi parlamentari, che ringrazio, e con i nostri Amministratori
e le nostre Amministratrici per cui chiedo un forte applauso perché sono la prima linea
nella risposta ai bisogni dei cittadini nonostante un governo che gli sta tagliando tutto: dal
trasporto pubblico locale, ai soldi per la polizia municipale – A proposito di sicurezza! -
stanno tagliando anche sugli assistenti sociali che i comuni non riescono più ad assumere o a
pagare. Vi preannuncio che stiamo preparando un grande appuntamento nazionale coi nostri
sindaci. Sarà a novembre con le nostre Sindache e i nostri Sindaci, proprio per mettere a
fuoco quello che stiamo facendo insieme. E queste sono anche le priorità su cui stiamo
facendo campagna nelle elezioni regionali, su cui vi chiedo di mettere tutti voi stessi a
fianco dei nostri candidati nelle prossime settimane, a fianco di Matteo Ricci nelle Marche,
a fianco del PD della Valle d’Aosta dove si vota a settembre, a fianco di Pasquale Tridico in
Calabria, Eugenio Giani in Toscana dove si vota a ottobre e poi Giovanni Manildo in
Veneto, Roberto Fico in Campania e il nostro Antonio Decaro in Puglia. Siate al loro fianco
anche da qui! Fate tutto quello che potete per portarli a vincere!

La prima priorità di questa campagna la conoscete bene: è la difesa della sanità pubblica
universalistica dai tagli e dalla privatizzazione di questa destra.

Guardate, è un preciso disegno. Perché per smantellare la sanità pubblica questa destra sa
che non ha bisogno di cancellare le leggi, basta chiudere i rubinetti delle risorse. È quello
che stanno facendo, perché chiudi i rubinetti, i reparti si svuotano e le liste di attesa, come
sapete, si allungano all’infinito. Ora ho raccontato spesso in queste settimane questa
testimonianza che mi ha colpito. Una donna di Bergamo ha rotto la gamba a giugno e dopo
un paio di settimane voleva chiamare il servizio pubblico per fissare un appuntamento per
togliere il gesso. Gamba rotta nel giugno 2025, prima visita nel pubblico per togliere il
gesso a Bergamo nel luglio del 2026. Ridiamo per non piangere! Perché magari dopo un
anno ti tolgono il gesso, ma non trovi più sotto la gamba. Ho volutamente scelto una cosa
che per fortuna si sistema, ma non sapete quante testimonianze raccolgo come quella della
signora di Pesaro malata oncologica che dopo una diagnosi non riusciva a prenotare le
visite nel pubblico e mi ha detto: “Ho dovuto tirare fuori di tasca mia 500 euro”, e mi ha
detto una cosa che non dimentico! Mi ha detto: “non mi preoccupo per me, che quei 500
euro ce li avevo, mi preoccupo per chi quei 500 euro non ce li ha e sta rinunciando a
curarsi”.

Sono 6 milioni di italiani, Giorgia Meloni. Guardali! Ci sono anche loro! Sono aumentati di
1 milione e mezzo sotto l’ultimo anno del Governo Meloni.

Perché la destra in fondo ha ignorato le nostre proposte per aumentare la spesa sanitaria e
portarla alla media europea. Abbiamo affiancato anche emendamenti con le altre
opposizioni per dire al Governo dove prendere subito 5 miliardi per assumere i medici e gli
infermieri che mancano. Ma non ci ascolta. E lo sapete perché? Perché questa destra vuole
una sanità a misura del portafoglio delle persone, noi vogliamo ancora quella di Tina
Anselmi, ex partigiana e cattolica democratica che voleva una sanità che curasse chi da solo
non ce la fa. È proprio quello il punto dell’Art. 32 della nostra splendida Costituzione.

Certo, non tutti i problemi della sanità nascono con questo governo, dobbiamo fare anche
autocritica, dobbiamo impegnarci a mettere sempre la sanità e la cura delle nostre comunità
come grande priorità. E lo dobbiamo fare perché la pandemia, ha amaramente insegnato a
noi che la sanità del futuro è la sanità di territorio e di prossimità, quella delle case della
comunità, dell’assistenza domiciliare, in un modello che sappia prevenire, curare e
riabilitare. Pensate alle aree interne: se il mio diritto alla salute dipende da quanto dista la
mia casa, da un grande ospedale di una grande città, io lo vivrò come un diritto a metà; è
per questo che noi abbiamo fatto una proposta specifica di legge sulle aree interne, non solo
sulla sanità. Perché per noi le aree interne non sono un capitolo a parte di un programma di
governo del paese, sono uno sguardo che noi vogliamo adottare in ogni singola politica
pubblica e che ci fa dire, sulla sanità, che bisogna pagare meglio i medici e gli infermieri
che lavorano nelle aree interne, perché altrimenti non ci andranno a lavorare. Bisogna
riuscire, se vogliamo non rassegnarci a un governo che nei documenti ufficiali scrive che le
aree interne sono destinate ad un ineluttabile declino, e siccome il Partito democratico non è
d’accordo, abbiamo fatto una proposta per il loro rilancio perché è il 60% del nostro
territorio nazionale, il 22% della popolazione e meritano di più.

Chi sa, come sappiamo noi, e chi come me ha fatto un’esperienza amministrativa, che se
vuoi contrastare lo spopolamento devi portare i servizi e rendere la vita più comoda. Non
tagliarli. O tagliare 1,7 miliardi alle strade provinciali come ha fatto Salvini.
La sanità che arriva più vicina alle case delle persone. Rafforzare quindi i servizi di cura per
le persone anziane e per le persone non autosufficienti, anche quelli per le persone con
disabilità, e i percorsi di vita indipendente, e fare finalmente una legge nazionale sui
caregivers come quella dell’Emilia Romagna, perché i loro bisogni non sono gli stessi delle
persone di cui si prendono cura nelle loro famiglie e non dobbiamo lasciarli soli. Ma vuol
dire pure, lo diceva prima Virginia, investire di più sulla salute mentale, che non può e non
deve essere un tabù in questo Paese. Ce lo chiedono i ragazzi e le ragazze nelle scuole, nelle
università, anche i nostri Giovani Democratici.
Abbiamo incontrato in questi mesi il variegato mondo della sanità pubblica per prepararci a
una riforma complessiva che la migliori.
E la seconda grande priorità anche in questa campagna, la conoscete pure questa bene, è la
difesa della scuola pubblica, il primo grande luogo di emancipazione delle persone, di
contrasto alla povertà educativa e alle diseguaglianze. Pagare meglio gli insegnanti che sono
tra i meno pagati d’Europa. Ascoltare la voce, anche quando critica, degli studenti anziché
aver solo l’ossessione di reprimerla, a volte addirittura con la forza come abbiamo visto.
Pure col pessimo decreto sicurezza che ha delle norme più indietro persino del codice Rocco
del 1930. È la scuola la frontiera dove ogni giorno si gioca la partita tra il presente e il
futuro, il presidio fondamentale dove sperimentare anche nelle realtà più difficili,
l’integrazione, la conoscenza, l’educazione alla cittadinanza. Un paese che non crede nella
sua scuola è un Paese che non crede nel suo futuro e noi invece crediamo nella scuola
pubblica italiana nello sforzo che tra mille difficoltà portano avanti tutti i giorni insegnanti e
personale tecnico, le persone che ci lavorano dentro e anche gli studenti.

E insieme alla scuola pubblica la difesa della ricerca, perché in Italia è troppo precaria e
vuol dire azzoppare il futuro, e insieme alla scuola e alla ricerca la difesa dell’Università
pubblica, perché anche questa è sotto attacco con i tagli del governo.

Vi racconto questa. Ero nelle Marche qualche giorno fa accanto a Matteo Ricci. Siamo
andati a Camerino, università fondata nel 1336, se non sbaglio, 700 anni di storia. I quattro
atenei pubblici delle Marche hanno avuto un taglio di 10 milioni di euro, e nel frattempo il
Presidente Acquaroli che cosa fa? Stende un tappeto rosso per accreditare nelle Marche
l’università privata Link. È lo stesso disegno che portano avanti sulla sanità. Vediamolo e
raccontiamolo.

Sono usciti, qualche giorno fa, i dati Ocse sull’Educazione e la fotografia è amara. Cito solo
due cose. Siamo gli ultimi insieme al Messico per i laureati tra i 25 e i 64 anni. Siamo al
22%, negli altri paesi industrializzati sono circa al 42%.

Dobbiamo garantire il diritto allo studio a tutte e tutti. E non deve esistere quell’odioso
ossimoro degli idonei non beneficiari delle borse di studio. Se sei beneficiario devi avere la
tua borsa di studio, me lo raccontavano i ragazzi davanti all’Unical in Calabria che
purtroppo sanno cosa vuol dire. Il diritto allo studio nella sua accezione più ampia. Lo
consideriamo così. Per questo abbiamo proposto di rendere gratuiti i libri di testo anche
nelle scuole superiori, di rendere gratuite le mense scolastiche, di rendere gratuito il
trasporto pubblico locale per gli studenti, come abbiamo fatto in Campania e come abbiamo
fatto in Emilia-Romagna e come presto faremo nelle Marche, se vince Matteo Ricci, perché
aiuti una famiglia coi costi dell’abbonamento o col costo del caro libri, che oggi pesa
moltissimo sulle famiglie, perché non dobbiamo mai mettere una famiglia italiana nella
condizione di dover decidere quale dei suoi figli fare studiare. Sarebbe un passo indietro
veramente pericoloso. Un’Italia dove già l’istruzione sta diventando appannaggio di pochi
anche l’istruzione rischia di trasformarsi da diritto a privilegio di chi se la può permettere, a
partire dalla nostra ossessione che è quella di moltiplicare gli asili nido in tutto il territorio
nazionale. E lo dico da Reggio Emilia, con un pensiero alla Carla, che ci ha lasciato poco
tempo fa.

Perché fa male doverlo dire alla Presidente del Consiglio italiana, alla prima Presidente del
Consiglio donna italiana, ma quando lei taglia il welfare e taglia la sanità e riducono il
numero di nidi che si faranno col PNRR, sa benissimo Giorgia Meloni quello che accade in
questo paese. Accade che il carico di cura rimane tutto sulle spalle delle famiglie, ma dentro
le famiglie rimane soprattutto sulle spalle delle donne e le tiene a freno nel lavoro e
nell’impresa. E non è solo ingiusto, è anche antieconomico, come spiega la Banca d’Italia. E
lo dico sempre, che non ce ne facciamo granché di una Premier donna se non si batte per
migliorare la vita e il lavoro di tutte le altre donne di questo paese.

Terza grande priorità, il lavoro e non il lavoro qualsiasi, ma quello dignitoso, non sfruttato,
non precario e non povero. Accanto al salario minimo dobbiamo insistere sui rinnovi
contrattuali che aspettano 5 milioni di lavoratori. Ci battiamo per contrastare la precarietà,
per contrastare il part-time forzato che colpisce, anche questo, soprattutto le donne su cui
abbiamo appena depositato una proposta di legge. Ci battiamo per sostenere le famiglie
italiane ben oltre quella retorica vuota della destra. Per questo abbiamo presentato una
legge, pensate, firmata da tutte le opposizioni, che propone un congedo paritario di 5 mesi
per entrambi i genitori, non soltanto per le madri. Aiutiamo anche i padri a veder crescere i
propri figli. Un congedo pagato al 100% e non trasferibile. In Spagna l’hanno fatto da poco.
Guardate, questo è importante, soprattutto perché sappiamo, e dobbiamo dirci una grande
verità scomoda, che quei 10 giorni di congedo solo facoltativo, tanti padri li vorrebbero
prendere, ma hanno paura a prenderli perché temono ripercussioni negative
nell’avanzamento della carriera in azienda. Per questo serve una legge che renda quel
congedo obbligatorio e paritario, per aiutare sì l’occupazione femminile, ma per aiutare
anche i padri e le famiglie di questo paese in modo concreto. Per noi il lavoro vuol dire
anche ripristinare opzione donna, vuol dire sostenere le pensioni e assicurare che ce
l’abbiano anche le nuove generazioni, altro che chi le proponeva a €1000 e le ha aumentate
di €1,50, il costo del caffè. Ma per noi lavoro è anche occuparci delle partite IVA, anche di
quelle che sono finte e non per loro scelta. Occuparci del welfare di lavoratrici e lavoratori
autonomi perché è troppo carente e anche lì c’è tanta precarietà.

E accanto a questo, una cosa fondamentale: sono stata due sabati fa a Mattmark, a 60 anni
da quella che è stata l’ultima grande tragedia dell’emigrazione italiana. 60 anni fa a
Mattmark quel ghiacciaio ha visto cadere a valanga 1 milione e mezzo di tonnellate di metri
cubi di detriti e di ghiaccio che hanno letteralmente spazzato via le baracche dei lavoratori
che stavano costruendo a mano la diga più grande d’Europa. 88 vite spazzate via di cui 56
emigranti italiani da nord e da sud. Siamo andati e per me è stato un onore essere lì per la
prima volta come Segretaria nazionale di un partito, il Partito Democratico, per onorare la
loro memoria, ma penso, che per onorare davvero la loro memoria noi non possiamo
accettare di essere una repubblica fondata sul lavoro dove ogni giorno si muore di lavoro e
di stage e quindi dobbiamo fare di più sulla sicurezza dei luoghi di lavoro. Vuol dire: più
controlli, più ispettori, più prevenzione, più formazione, più responsabilità per le aziende,
ma vuol dire anche battersi contro quella logica del subappalto a cascata che Meloni e
Salvini hanno introdotto nel codice degli appalti quando sanno benissimo che alla fine di
quella lunga catena di appalti il lavoro è meno sicuro, il lavoro è più precario, il lavoratore è
più ricattabile e purtroppo è più facile anche l’infiltrazione criminale.

Lo voglio dire perché questo mi consente anche di parlare di cosa vuol dire contrastare le
infiltrazioni criminali delle mafie e innalzare i presidi di legalità. L’altro giorno a Torino
abbiamo avuto una splendida sorpresa, è venuto a trovarci Giancarlo Caselli alla festa
dell’Unità di Torino. Stasera alla festa nazionale sulla legalità e l’antimafia tematica a
Modena ci sarà una persona a cui vorrei che dessimo tanti auguri di buon compleanno
appena passato, perché è un punto di riferimento insostituibile nel contrasto alle mafie ed è
don Luigi Ciotti. Auguri a don Luigi! E assicuriamo l’impegno del Partito Democratico
contro la corruzione, contro la criminalità organizzata, contro le mafie, perché le mafie non
devono trovare un centimetro in cui infilarsi. Diamo pieno sostegno e voglio un altro
applauso al lavoro delle forze dell’ordine che le contrastano ogni giorno, al lavoro dei
magistrati, che ogni giorno portano avanti i processi. Ma sappiamo che le mafie si battono,
lo sa anche questa città, anche con la cultura e con l’educazione a partire dalle scuole. La
mafia si combatte anche con la giustizia sociale. Non devi lasciare un centimetro alla
ricattabilità in cui la mafia va a infilarsi. Lo Stato deve arrivare prima a contrastare la
povertà, a contrastare lo sfruttamento, a contrastare la disperazione.

E accanto al lavoro, la quarta priorità sono le politiche industriali che servono per
accompagnare la conversione ecologica e digitale. Guardate, abbiamo raccolto, andando
incontro alle realtà industriali del paese, abbiamo raccolto e incontrato gli imprenditori in
quelle di eccellenza e in quelle che sono in crisi e abbiamo raccolto preoccupazioni e
proposte su come far ripartire l’economia italiana. Ne abbiamo fatto un libro verde che
presto metteremo in discussione con le parti sociali, con il partito. Lo abbiamo fatto sapendo
che bisogna accompagnare le imprese, specialmente quelle piccole e medie, con gli
incentivi e gli investimenti europei che servono a innovare i propri processi, aumentare la
produttività, migliorare il benessere di chi lavora in quelle aziende e ridurre l’impatto
negativo sul clima. 30 anni fa, esattamente 30 anni fa, era il 3 di luglio, moriva uno dei
fondatori del pensiero ecologista europeo che scrisse che la conversione ecologica avverrà
quando apparirà socialmente desiderabile. Voglio ricordarlo: Alexander Langer, che ancora
ci deve ispirare nell’azione quotidiana per rendere conveniente la transizione, che vuol dire
rendere conveniente l’economia circolare, lo stop al consumo di suolo, l’energia rinnovabile
che ha un grande potenziale per creare lavoro, ma anche per dimezzare le vostre bollette.
Non aiuteremo imprese e agricoltori di questo Paese negando l’emergenza climatica.
Semplicemente perché sono tra le prime vittime di quella stessa emergenza e purtroppo questa regione ne sa qualcosa, visto che ancora aspettano i ristori promessi al 100% e mai ancora arrivati da questo Governo.

Li aiuteremo se non li lasciamo soli ad affrontare i costi della transizione, ma li mettiamo in
condizione di innovare. Negli agricoltori avremo i primi alleati se li accompagniamo in
questi cambiamenti che ritrovano un equilibrio col pianeta. Perché ne abbiamo solo uno di
pianeta. Non ce l’abbiamo in proprietà, ce l’abbiamo in prestito, lo dobbiamo restituire alle
prossime generazioni.

Il governo non ha messo in campo politiche industriali, anzi ha tolto l’80% del fondo per
l’auto stanziato dal Governo Draghi nel momento di più grave crisi del settore. Anziché
continuare Industria 4.0, che funzionava bene, ha voluto piantare un’altra bandierina
ideologica facendo la transizione 5.0. Peccato che ci hanno messo 9 mesi, creando
incertezza, rallentando gli investimenti ed è uscita talmente burocratica che su 6 miliardi le
imprese hanno fatto richiesta solo per 1,6 miliardi. Rimettiamo in circolo quelle risorse.
Copiate Industria 4.0 che funzionava e date continuità agli incentivi perché le imprese
hanno bisogno di continuità per programmare i loro investimenti.

La quinta grande priorità e non sono in ordine di importanza, perché per noi sono tutte
importanti uguali e si tengono per mano, sono i diritti e la democrazia. I diritti e la
democrazia, a partire dal diritto alla casa. Mentre questi cancellano il fondo per l’affitto e le
famiglie rischiano lo sfratto. Perché per loro, questa destra si può mascherare quanto vuole,
ma è sempre la stessa. È quella che pensa che la povertà sia una colpa individuale e invece
no, è un grave problema sociale dovuto a politiche che possiamo cambiare. I nostri sindaci
stanno lavorando molto per l’edilizia popolare e sociale per regolare gli affitti brevi su cui
abbiamo fatto un’ottima legge regionale in Toscana in attesa che la faccia la Santanchè.
Intanto abbiamo fatto noi quella in Toscana, no? Continuiamo a stimolare il Governo perché
non si può regolare gli affitti brevi senza coinvolgere i Sindaci che conoscono le emergenze
abitative nelle nostre città. È assurdo. La legge in Toscana invece regola il fenomeno senza
criminalizzarlo. Attenti, perché bisogna distinguere. C’è una parte del ceto medio di questo
paese che fa l’affitto breve perché tra una cosa e l’altra fa fatica ad arrivare alla fine del
mese. Quello che noi vogliamo colpire è la speculazione di chi attraverso quegli affitti brevi
te ne mette 20 o 30 di casa in affitto in città, fa schizzare sù gli affitti e gli studenti non
riescono più ad andare a studiare nelle nostre città. È lì che bisogna intervenire regolando il
fenomeno, senza criminalizzare.

Diritti civili perché, dicevo prima, che la destra si riempie la bocca di famiglia, come se ce
ne fosse solo una tradizionale di cui tanto parlano ma che poi nessuno di loro ha. Io
suggerirei cautela, cautela, di stare un passo fuori dalle case degli italiani, di sostenere tutte
le famiglie nella loro pluralità, nella loro diversità, nella fatica che ogni giorno fanno per
tirare su i propri figli, nella fatica che fanno ogni giorno per portare un prezioso contributo
alle nostre comunità e vanno tutte difese. E lo faremo, lo faremo, come abbiamo fatto con
l’assegno unico universale. Le difenderemo, come stanno facendo i nostri sindaci coraggiosi,
che ci insegnano anche nelle nostre scuole che chi nasce o cresce in Italia è italiano e che i
figli delle coppie omogenitoriali non devono essere discriminati, perché non sono figli di
Serie B. Faremo le leggi che servono, ma per rendere più giusta e uguale la nostra società
serve un lavoro culturale, serve la prevenzione come contro la piaga della violenza di
genere. Non basta la repressione. Sulla repressione abbiamo approvato delle norme
importanti in questi di anni all’unanimità, ma continuiamo a dire a Giorgia Meloni e al suo
governo, non basta la repressione se manca la prevenzione, che è formazione specifica, che
è l’educazione alle

differenze, al rispetto, obbligatoria in tutti i cicli scolastici per intervenire prima che lo
stereotipo sessista si radichi nelle teste e che poi sia troppo tardi.

Diritti per noi è anche attuare la sentenza della Corte Costituzionale e dare al paese una
legge sul fine vita dignitoso nell’ambito di quello che già la Corte Costituzionale ha
stabilito. La politica deve assumersi questa responsabilità. Diritti per noi vuol dire che non
accettiamo di vedere 800 milioni degli italiani buttati per costruire delle prigioni inumane e
illegali in Albania, quando ci si poteva assumere medici e infermieri. E mentre cercano di
deportare rifugiati e migranti calpestandone i diritti, hanno riportato a casa, con un volo di
stato, il loro torturatore libico Almasri. Non lo accettiamo!

Diritti e democrazia. Voglio dirlo con altrettanta chiarezza, noi continueremo a vigilare
contro l’ossessione di questa destra per il potere. Guardate, purtroppo non è un tema solo
italiano. Le destre di tutto il mondo mostrano insofferenza verso i limiti costituzionali e
coltivano una tentazione autoritaria. Guardate, il pioniere di questo modello, Orban, tanto
ammirato da Salvini e Meloni, l’ha teorizzato: fare dell’Ungheria una democrazia illiberale e
un pezzo alla volta ha indebolito e svuotato poteri del Parlamento, la giustizia, la stampa, la
società civile, i diritti, un’erosione democratica dall’interno della democrazia. Allora noi su
questo dobbiamo stare attenti perché aumentano le fake news, i tentativi di controllare o
manipolare l’informazione. Quando si parla di libertà e democrazia non c’è niente da dare
per scontato, perché vedete, come diceva una donna straordinaria, nessuna conquista è per
sempre. C’è sempre qualcuno che è interessato a toglierla, per cui resistere non è solo un
dovere, ma una necessità. Sono le parole di Maria Cervi, la figlia di Antenore dei fratelli
Cervi. La voglio ricordare da qui, da questa città eccezionale, Medaglia d’oro per la
Resistenza, lei che dedicò la vita alla memoria, al ricordo della lotta antifascista e saluto il
sindaco Marco Massari che è qui con noi. Grazie Marco.

E allora per andare verso la conclusione, fatemi dire che siamo di fronte a una sfida epocale,
ma noi continueremo a vigilare, continueremo a contrastare l’autonomia differenziata fatta
senza mettere un euro in più e già parzialmente smontata, in gran parte, dalla Corte
Costituzionale.

Continueremo a contrastare il premierato che vuole concentrare i poteri nelle mani di chi
comanda indebolendo il Parlamento e anche il ruolo del Presidente della Repubblica: giù le
mani dai poteri della Presidenza della Repubblica, come istituzione, in questo caso parlo.

Continueremo a contrastare anche questa riforma della giustizia che lungi dal migliorarne
l’efficienza, i tempi, fornire gli organici del personale che manca, vuole solo indebolire
l’autonomia della magistratura dal potere esecutivo. La destra, guardate, non è nuovo questo.
La destra ha sempre vissuto i pesi e i contrappesi della nostra saggia Costituzione come
lacci e lacciuoli che ostacolano il comando. Ma a noi non serve l’uomo e tantomeno la
donna sola al comando, perché questo paese ha già dato. La democrazia non è una delega in
bianco data ogni 5 anni nel momento del voto. La democrazia è più complessa di così, è
riuscire a far valere e vivere, tutti i giorni negli strumenti democratici e della
rappresentanza, la voce di quei cittadini anche attraverso i propri rappresentanti.
Per concludere, mi pare evidente che non viviamo in un tempo ordinario. Siamo nella soglia
tra due epoche diverse attraversate da crisi profonde interconnesse: l’aumento delle
diseguaglianze, la rivoluzione dell’intelligenza artificiale, la crisi climatica, lo sfaldamento
dell’ordine internazionale, il senso di insicurezza che accompagna la vita delle persone,
l’arretramento sui diritti.

Ci dobbiamo prendere cura di quel senso di insicurezza, senza lasciarlo alle facili sirene di
una destra che fa decreti sicurezza che aumentano la repressione, ma non portano più
sicurezza nelle nostre città.

Con l’ipocrisia di chi intanto taglia i fondi ai comuni, lascia scoperto l’organico delle forze
dell’ordine dove manca in quasi tutte le città, taglia la rigenerazione urbana e non investe
nella sicurezza delle scuole né su quella contro il dissesto idrogeologico. E poi, appunto,
quando le forze dell’ordine hanno poco organico e mancano nelle nostre città, questi ne
prendono a centinaia e li mandano in quelle prigioni vuote in Albania, dove li ho incontrati
l’anno scorso a dicembre, che non son potuti tornare neanche a Natale.

Per molti a destra e non solo a destra, tutto ciò è nell’ordine naturale delle cose, un destino
scritto, immodificabile, ma la sinistra, se rinuncia ad indicare un orizzonte diverso, non è
più sinistra. Se deve limitarsi a gestire l’esistente come se fosse un amministratore di
condominio e non un impasto di pensiero, progetto e speranza, vuol dire che ha smarrito la
propria missione. Se come vorrebbero alcuni osservatori, tutt’altro che disinteressati, la
sinistra deve proporre le ricette della destra addomesticandole con una stilla di buon senso e
una spolverata di buone maniere.

Gli elettori preferiscono l’originale. Purtroppo questo l’abbiamo già visto.

Il nostro compito, quindi, è diverso, è pensare modi e mondi nuovi, immaginare il
cambiamento e renderlo una prospettiva possibile, concreta e mettere al centro le persone e
la loro emancipazione che può essere solo il frutto di una mobilitazione collettiva, perché
l’attuale situazione non è una condanna, non è una condanna del destino, è l’effetto di precise
scelte e allora quelle scelte si possono cambiare, fare scelte diverse in grado di combattere le
diseguaglianze, di difendere i diritti, di promuovere il lavoro dignitoso, di aiutare la buona
impresa, di ridurre i divari e le emissioni e di migliorare la vita delle persone del pianeta. E’
una grande sfida, un’attenzione che tiene insieme la lotta e la proposta. Per affrontarla, lo
dico subito, noi non bastiamo, dobbiamo saperlo. Ora che abbiamo unito le forze nella
stessa coalizione progressista in tutte le regioni al voto, dobbiamo sapere che nemmeno
questo basta.

Affrontiamo e vinciamo insieme le regionali, ma poi dobbiamo unire le nostre forze con
quel tessuto vitale che attraversa la società: il volontariato, l’associazionismo cattolico e
laico, i movimenti, le forze sociali, il mondo della cultura, gli intellettuali, il mondo
dell’università, i corpi intermedi, le forze del lavoro, i territori. Solo insieme a loro nel paese
possiamo irrobustire questo progetto di governo e cambiamento per l’Italia. E questa Italia
l’abbiamo vista bella, appassionata, attenta, curiosa, pronta a scrivere insieme un altro
futuro. La stiamo incontrando in questo viaggio ostinato attraverso il paese. La stiamo
incontrando nel bellissimo viaggio attraverso il terzo settore che abbiamo portato in ogni
regione. La stiamo incontrando attraverso le aree interne di questo paese con la nostra
proposta di legge. L’ho vista nelle grandi città come nei borghi e nelle isole, nelle realtà del
nord e in quelle del mezzogiorno, in ogni piazza, ogni fabbrica, ogni ospedale davanti a cui
siamo stati. Ho percepito tante persone che guardano a noi con fiducia, esigenti,
giustamente, ma con fiducia. Ovunque ho trovato una domanda di buona politica a cui voi
potete dare una risposta. E allora mettiamoci al lavoro. Mettiamoci al lavoro ripartendo da
qui da Reggio Emilia. Mettiamoci al lavoro partendo dagli 80 anni delle nostre feste, molto
più che una ricorrenza. Non è il nostro un tributo alla nostalgia, perché le feste non sono un
pezzo del passato, sono una realtà viva del presente, proiettata nel futuro che continua ad
indicarci un metodo. Sono la prova che si può fare, che la politica quando è popolare,
quando è collettiva, è capace di accendere entusiasmo, di unire storie diverse, di dare voce a
chi non ce l’ha. E allora celebriamo questi 80 anni come un punto di partenza, non come un
punto di arrivo. Rinnoviamo l’impegno a costruire un’Italia più giusta, più unita e più
solidale. Facciamolo con lo stesso entusiasmo e la stessa lungimiranza di quei partigiani, di
quegli operai che nel 1945 a Mariano Comense decisero che anche in mezzo alle macerie,
alle ferite, la politica poteva essere gioia, poteva essere festa, poteva essere uno sguardo
aperto sul futuro.

Grazie quindi a chi ogni anno rende possibile in tutta Italia questa esperienza. Grazie a voi
che siete qui stasera con la vostra passione, con il vostro impegno. Andiamo a vincere
queste regionali. Facciamo una campagna casa per casa, strada per strada, come diceva
Enrico Berlinguer.

Facciamolo, aiutiamo i nostri candidati a vincere. E poi dico, per chiudere, alle altre forze di
questa bella coalizione progressista, dico, andiamo a vincere insieme le regionali e poi
continuiamo a lavorare insieme sui temi concreti. La nostra gente ci chiede unità e coerenza
del progetto. Diamoci il tempo giusto per farlo maturare nel nostro confronto e nel
confronto col paese. Non facciamo l’errore di arrivare all’ultimo perché all’ultimo, sappiamo
che è tardi, abbiamo già una buona base su cui partire e non perdiamo tempo in
competizioni tra di noi, ogni minuto passato in polemiche tra le forze della coalizione
progressista o ogni minuto passato anche in polemiche al nostro interno, è comunque un
minuto in meno speso a inchiodare il governo sulle sue mancanze, sulla mancanza di
risposte concrete agli italiani e sulle sue divisioni, mentre noi dobbiamo vincere
riaccendendo la speranza degli italiani, la speranza in un futuro migliore e parlando di
quello che dobbiamo fare noi, non di loro e così sono certa che possiamo lavorare per
vincere le prossime elezioni politiche.

Andiamo! Evviva la festa dell’unità, viva il Partito Democratico. Evviva Reggio Emilia.
Evviva l’unità. Evviva sempre l’Italia antifascista. Grazie.

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set 042025
 
Senza titolo

FESTA DE L’UNITÀ 2025
Festa provinciale del Partito Democratico
19 – 20 – 21 Settembre 2025  -  Cortile OF Palazzo Ex Orsoline – Fidenza (PR)

 

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VEN 19 SET 2025

ore 18
apertura festa con i saluti del sindaco Davide Malvisi, del segretario PD di Fidenza Fabrizio Monopoli e del segretario provinciale PD Nicola Bernardi

ore 20
saluto e intervista alla segretaria nazionale PD Elly Schlein

ore 21.30
“ANDARE, CAMMINARE, LAVORARE: IL LAVORO OGGI, TRA VECCHI PROBLEMI E NUOVE SFIDE”
aprono Davide Malvisi (Sindaco di Fidenza) e Francesco De Vanna (segretario PD Parma)

Nicola De Ieso (giornalista Gazzetta di Parma) dialoga con
- Andrea Orlando (consigliere regionale del PD in Liguria),
- Michele De Palma (segretario generale FIOM),
- Giovanni Paglia (assessore alle Politiche abitative, Lavoro e Politiche Giovanili della ER)
- Massimo Bussandri (segretario generale CGIL Emilia Romagna)

 

SAB 20 SET 2025 

ore 18
“AL DI LA’ DELLA COSCIENZA ECOLOGICA VIVE IN ME L’ISTINTO DI RIBELLIONE CONTRO LA SOPRAFFAZIONE”

Marco Boschini (consigliere comunale di Parma) intervista  Annalisa Corrado (europarlamentare PD) sul suo ultimo libro “Nessi e Connessi. Un manifesto per leggere il mondo.” (ed. Il Saggiatore)

ore 21
IL MEDITERRANEO SIA UNA TENDA DI PACE: MIGRAZIONI, TERRORISMO E GEOECONOMIA”
apre Matteo Daffadà (consigliere PD Emilia Romagna)

Marco Gallicani (Associazione Antonio Papisca) dialoga con Cecilia Strada (europarlamentare PD ed ex presidente dell’ong Emergency e ResQ), Giuditta Pini (presidente dell’Associazione dei garanti di Mediterranea) e Franco Masini (cardiologo, coordinatore per Emergency del Salam Centre di Khartum)

 

DOM 21 SET 2025

 ore 18
“LARGA COME L’ITALIA, E CON MILLE TERRITORI DENTRO”
apre Alessandro Fadda (presidente Provincia di Parma)

Andrea Massari (consigliere regionale PD Emilia Romagna) dialoga con Irene Priolo (Assessora della Regione Emilia Romagna) su rigenerazione e pianificazione della Regione del futuro ai tempi della conflittualità diffusa, dei comitati per il no e di quelli dell’impegno civico innovativo e libero, della scarsità di risorse e del sovranismo accattone.

 ore 19:30
intervento di STEFANO BONACCINI
apre Luigi Tosiani (segretario PD dell’Emilia Romagna)

 ore 21
“LA POLITICA È UNA COSA BELLA”
introduce e coordina Fabrizio Cesario (Lsd Festival)

Intervista a Nando Dalla Chiesa (sociologo e scrittore) su come far sì che torni la passione politica. I giovani e la politica. Etica, educazione civica e legalità parole chiave di una nuova politica

Apertura giornate ore 17. Entrata gratuita. Per tutta la durata della festa sarà attivo un servizio ristorazione e bar.

 

set 042025
 
segret

Si è svolto nei giorni scorsi il congresso del Partito Democratico di Fidenza. Gli iscritti sono stati chiamati a scegliere il segretario provinciale e il segretario cittadino del partito. Eletto all’unanimità il nuovo segretario cittadino: Fabrizio Monopoli, 22 anni, studente di giurisprudenza e attivo nel Pd da alcuni anni. Con questa elezione, Monopoli diventa il più giovane segretario di circolo della provincia di Parma e uno dei più giovani in Italia. Nel suo intervento, Monopoli ha delineato le priorità della nuova segreteria. «Il Partito Democratico di Fidenza, forte del consenso ottenuto nel 2024, intende rafforzare il legame con la cittadinanza, attrarre nuove energie e costruire una comunità politica solida e partecipata. Per farlo, punta sulla centralità del circolo come luogo di incontro e sulla promozione di iniziative pubbliche che lo proiettino verso la città. È inoltre prevista una riorganizzazione interna con un direttivo di 27 membri, una segreteria snella e tavoli tematici per favorire partecipazione e confronto politico». Gli passa il testimone Alessandro Stefanini, che ha guidato il circolo per otto anni. «Quello che ho fatto – ha spiegato Stefanini –, e che abbiamo fatto tutti insieme, è stato essere a disposizione di una comunità. Continuerò a farlo da una posizione diversa, portando in dote a Fabrizio la mia esperienza, che è poi il nome che diamo alla somma di tutti gli errori commessi, perché possa essergli d’aiuto. Gli auguro il meglio e sono certo che avrà modo di crescere impegnandosi per la nostra comunità». Il congresso si è chiuso con un ampio e vivace dibattito, in cui sono intervenuti tra gli altri il sindaco Davide Malvisi, il vice sindaco Maria Pia Bariggi, il capogruppo Davide Rastelli e il decano Giorgio Artusi. Tra i temi emersi, la necessità di affrontare anche a livello locale questioni di respiro nazionale e internazionale, come il tema della pace, e di incentivare la partecipazione democratica di iscritti e simpatizzanti. È stato sottolineato il ruolo del partito nel contribuire con idee e proposte all’azione amministrativa, e l’importanza di rafforzare la funzione educativa della politica, trasmettendo valori e cultura politica. Infine, si è ribadita la necessità di prestare maggiore attenzione, anche a livello locale, alle grandi battaglie del Pd nazionale: salario minimo, welfare, diritto alla casa e cittadinanza.

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mag 212024
 
Patrick è libero

Abbiamo immaginato molto spesso che accadesse quanto sta accadendo e il fatto che Patrick sia qui mi rende, ci rende come fidentini pieni di una felicità enorme. E quindi lo abbracciamo con tanta forza.

11052024-DSC09681Questa non è solo una felicità legata a quanto accaduto a Patrick, evidentemente, ma anche perchè per una volta i nostri sforzi hanno funzionato e non staremo qui a capirne i motivi, ma ci berremo con felicità questo bicchiere di gioia e di soddisfazione.

Non accade spesso, con Giulio Regeni non accadde, con molti e molte altre in giro per il mondo non funziona, ma vivaddio non abbiamo mai smesso di crederci e di provarci e questa volta è accaduto che il rispetto per i diritti umani ci ha spinto a manifestare, a formalizzare richieste, a parlare con gli amici e le parenti di quanto accadeva e ha funzionato. E questo ci ha reso persone migliori.

Patrick Zaky è stato arrestato il 7 febbraio 2020 al Cairo dai servizi segreti egiziani dopo una breve vacanza dagli studi bolognesi. Patrick è stato sequestrato per 24 ore (le peggiori dirà) e poi interrogato, minacciato, picchiato e torturato, sottoposto ad elettroshock e poi trasferito in un carcere riservato ai prigionieri politici e detenuto fino all’8 dicembre 2021 con l’accusa di “aver pubblicato su Facebook false voci e false notizie che mirano a turbare la pace”. Così, se vi chiedete quante volte avreste potuto essere fermati per cose simili…

La scrittrice e attivista americana Alice Walker disse un tempo che «il motivo principale che spinge le persone a rinunciare al proprio potere è pensare di non averne alcuno». Aver parlato di Zaky averne chiesto la liberazione, aver manifestato a suo favore pur se in periodo ancora pandemico, aver chiesto la libertà per lui e per i tanti e le tante che come lui subiscono la violazione del cuore stesso del rapporto con lo Stato, la difesa dei diritti umani, persino l’aver temuto che a lui accadesse quanto accadde a Giulio Regeni, ecco tutto questo ha dimostrato che il peggior incubo che possa capitarci come cittadini di un paese libero è quello di  diventare silenziosi sulle cose che contano.

mag 212024
 
davidesindaco

Viviamo un’epoca di grandi cambiamenti e di sfide complesse. La qualità della vita, la sostenibilità ambientale, il benessere individuale, la crescita economica e demografica, e una sanità in grado di rispondere con forza ai bisogni del singolo cittadino sono le caratteristiche principali di una città proiettata nel futuro.

Davide Malvisi è il candidato Sindaco di un’ampia coalizione di cui il Partito Democratico è perno di equilibrio.

Scopri il programma di coalizione su davidemalvisi.it

Qui il certificato del casellario di Davide

Qui il suo Curriculum vitae

 

 Posted by at 12:05
mar 042024
 
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“Bologna è una sfera di quelle bellissime con la neve dentro, molti sostengono che andrebbe accarezzata, io preferisco scuoterla”.

Sabato 24 febbraio 2024 abbiamo aperto la campagna elettorale del Partito Democratico per le amministrative del giugno prossimo con Matteo Lepore, Sindaco di Bologna, un appuntamento che conclude il gran lavoro di rielaborazione collettiva del programma e lancia l’ultima fase della campagna elettorale, quella dove gli ideali devono incontrare il consenso di chi vota.

Mi è stato chiesto di introdurre il dibattito e mi sono preso la libertà di fare qualche riflessione sulla politica locale italiana in un parallelo tra una città metropolitana come Bologna ed una piccola città come Fidenza.

Si può fare i sindaci in tanti modi, privilegiando l’attività amministrativa o quella puramente simbolica, organizzando convegni o pulendo le strade. La stragrande maggioranza dei Sindaci italiani governa città così piccole che il loro mestiere si risolve nell’organizzare il geometra e il ragioniere del Comune, eletti in posti così distanti dai centri di offerta di servizi essenziali che solo se ci si vive si può capire perchè sono soggetti a spopolamento.
L’Italia non è fatta da Bologna, Milano, Torino, Roma.. ma da Gaggio Montano, Berceto, Monzuno, Fidenza… ma l’arte della politica nasce dalla cultura, non dalla tecnologia, dalla capacità di organizzare ed elevare a migliori sorti coloro che senza politica risolverebbero i conflitti con la forza.

Se ci pensate la cultura del vivere insieme si è modificata molte volte: si fumava nei cinema, nei ristoranti, negli uffici, perfino sugli aerei, si andava in moto senza casco, non si usava la cintura e la raccolta differenziata sembrava impensabile. Poi tutto cambia e la sola idea che prima si facesse quello a cui eravamo abituati ci appare al limite dell’eresia. Questa è la visione.

Sono d’accordo con chi dice che la politica di centro-sinistra può rinascere dai Sindaci, ma non tanto per la sua atavica famedi leadership, quanto al contrario perché nella dimensione locale si possono intercettare i bisogni degli ultimi per tutelarli, per farli crescere dentro un contesto sempre più grande e trasformare le debolezze in punti di forza.
Sviluppare una visione che parta dal basso e farla diventare una missione.

Diceva il filosofo Max Weber che “è confermato da tutta l’esperienza storica che il possibile non verrebbe raggiunto se nel mondo non si tentasse sempre l’impossibile” Decidere di limitare la velocità di una strada, chiuderne al traffico un’altra, organizzare una cerimonia per il riconoscimento della cittadinanza onoraria ad un bimbo nato da genitori immigrati dal nord Africa, ampliare il sostegno ad una mensa della Caritas o ad un provvedimento regionale sui centri estivi, concedere una stanza del patrimonio pubblico ad una specifica associazione, permettere o negare l’insediamento di un quartiere commerciale o artigianale, sono tutti gesti amministrativi che sono animati da una visione politica che ha un enorme potere narrativo. La magia della politica amministrativa stia nel risolvere i problemi, o comunque nel cercare di farlo negando la sua natura di corpo immobile ed immutabile, perchè una città cambia e muta, dipende da come è governata, da come viene vissuta.

Fidenza nel suo piccolo e grazie alla sua posizione è oggetto di migrazione interna da anni, che venga dalla bassa, dall’appennino o dal sud Italia poco importa, è nella sua natura essere fertile, non potrebbe essere diversamente, scossa com’è da continui stimoli di rinnovamento. Allo stesso tempo il suo benessere, che oggi sta sul crinale di un salto generazionale difficilissimo da gestire, ha prodotto una popolazione agiata e sempre più anziana. Ciò significa che anche a Fidenza gli abitanti di una certa esperienza calano e significa che il domani non lo si costruisce domani, ma oggi, i problemi che avremo tra vent’anni si devono affrontare ed eventualmente risolvere o correggere adesso.

Anche nelle nostre città democratiche il divario tra i più ricchi e tutti gli altri si sta ampliando, e i cambiamenti demografici e climatici stanno creando sfide praticamente per chiunque.

La politica che ci piace deve sostenere di più i lavoratori, non di meno, e affrontare i fattori che rendono il lavoro troppo insicuro, deve costruire una rete di sicurezza più forte perchè la tecnologia riduce il numero di ore di lavoro necessarie e nel tempo che lasciano libero le persone devono trovare nuovi scopi senza perdere reddito, deve ragionare su nuove leve fiscali perchè queste riforme si pagano con tasse e le tariffe proporzionali al reddito e alla ricchezza. E soprattutto deve saper cogliere la sfida della crescita sostenibile: se improvvisamente e magicamente tutti avessero tutto quello che hanno i pochissimi il pianeta morirebbe il giorno dopo perchè la nostra economia cerca di crescere infinitamente in un mondo a risorse finite.

Per fare questi passaggi la politica ha bisogno di tornare ad essere collettiva, organizzata da corpi intermedi che si dedicano alla produzione e alla trasmissione di contenuti e metodi, gruppi di persone che prendono parte.

dal blog di Marco Gallicani

mag 022021
 
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di MariaPia Bariggi

“A me pare che il mondo resti fermo. La storia di un Primo Maggio”

E’ il titolo di un libro, curato da Galante Teo Oliva, uscito nel 2017 che ha come focus il territorio del salernitano, Nocera, anzi dell’agro nocerino.

Nocera, fulcro dell’industria conserviera, condizioni terribili per le lavoratrici instancabili, “Le monache rosse” . A Nocera, nel nostro Sud, come in tanti altri luoghi accomunati dalla necessità di lavoro e poi dallo sfruttamento. Nord, Centro, Sud d’Italia, allora come ora che dal 1970, celebrano il Primo Maggio unitariamente alle tre Organizzazioni Sindacali

ViVa il Primo Maggio e ViVa lo Statuto del Lavoratori, la legge n. 300 del 20 maggio 1970. Anno importante il 1970.
E ora? I temi, i termini, gli slogan, la situazione sociale ed economica è la stessa, relativamente ai Diritti dei Lavoratori? L’emergenza pandemica che ha colpito il nostro paese ha chiesto ai cittadini uno sforzo senza precedenti e le misure adottate hanno aperto uno SCENARIO INEDITO incidendo sulla vita delle persone in termini di situazione economica e lavorativa. In questo cambiamento, perché per i lavoratori il mondo non resti fermo, occorre ribadire quelle istanze sociali che sono scolpite nella nostra Costituzione: Solidarietà, Uguaglianza, Tutela del bene primario della salute , protezione dei lavoratori e dei cittadini più deboli.

Fronteggiare l’emergenza e riprogettare un futuro che abbia al centro la dignità delle persone, nelle sue declinazioni, prima fra tutte quella de “persona lavoratrice”.
Nessuno si salva da solo
a) FRONTEGGIARE L’EMERGENZA: molti gli argomenti trattati e le problematiche da affrontare
• Normativa emergenziale e diritti fondamentali
• Sicurezza del lavoro e nuovi rischi
• Diritto di sciopero e tutela della salute durante l’emergenza
• Il lavoro agile
• Emergenza Covid e blocco dei licenziamenti

b) RIPROGETTARE IL FUTURO: “Un mercato del lavoro difficile come si trova, anzi si legge in “Generazione mille euro”, finestra sul precariato e guida alle cento professioni più nuove e più richieste: il community manager, il buyer, l’industrial manager, l’ head hunter (cacciatore di talenti) professioni “verdi”, ma anche mestieri “antichi” che si rinnovano.

La transazione va gestita perché interi settori hanno perso occupati, perché occorre difendere il lavoro esistente incentivando l’innovazione, sempre impegnandosi ad aggiornare le competenze degli altri e nostre.

feb 012021
 
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La famiglia del Belgorod che lo salvò nel 1942 al fronte si è messa in contatto con l’Istituto Italiano di Cultura a Mosca. Dopo nove mesi di ricerche, il 4 febbraio parlerà per la prima volta con gli eredi del militare italiano

Mario Gorreri ha da poco compiuto 30 anni quando, nell’estate del 1942, viene  mandato sul fronte russo assieme a centinaia di migliaia di altri italiani a combattere una guerra decisa a tavolino dal dittatore Benito Mussolini. Gorreri è un fidentino appassionato di motori, che della Russia non sa niente. È un autiere esperto, capace di guidare per ore e ore nell’immensa pianura orientale seduto nella cabina di un camion carico di rifornimenti per i soldati dell’Armata Italiana in Russia. Viaggio dopo viaggio nel cassone del suo mezzo pesante trovano posto armi, ricambi, cibo, uomini. La propaganda fascista dice che in Russia è in gioco il futuro
dell’Europa, che la belva bolscevica sta per essere annientata e che l’Italia deve dare il proprio contributo allo sforzo tedesco. Dice anche che tutto finirà bene e che in pochi mesi la campagna orientale si concluderà con una vittoria clamorosa. Nella polvere e nel fango delle immense pianure russe, a 3.000 km di distanza da Fidenza, Mario non immagina che un suo piccolo gesto di riconoscenza, 79 anni dopo quella tragica guerra, servirà a unire Italia e Russia, Fidenza e Mosca. A legare la sua famiglia fidentina con la famiglia russa che lo ha aiutato in circostanze drammatiche.

Il 21 maggio 2020 sulla scrivania del Sindaco di Fidenza Andrea Massari c’è una lettera che arriva da Mosca. L’ha inviata l’Istituto Italiano di Cultura della Federazione Russa. Si domandano al Sindaco informazioni sul
soldato Mario Gorreri. Di lui non si sa nient’altro che la data di nascita, il reparto d’appartenenza e il nome di Fidenza inciso, assieme agli altri dati, su un gavettino militare che sembra uscito dalle nebbie della storia. Un
povero pezzo di alluminio che la famiglia Gavrik di Belgorod conserva da quando le fu donato proprio da Mario, in segno di gratitudine per essere stato sfamato nei giorni più neri della sua avventura di soldato in Russia.

Nella lettera si dice anche che la famiglia Gavrik vorrebbe conoscere quale sia stato il destino di Mario, e magari incontrare i suoi familiari per restituire loro quel pegno di gratitudine.
Dagli archivi comunali emerge un primo pezzo della storia: Mario è tornato sano e salvo dalla Russia, ma per ciò che riguarda il resto è buio pesto.
Il contributo essenziale alle ricerche arriva dall’Associazione Nazionale Alpini di Parma, con il presidente Roberto Cacialli, e dall’Associazione Nazionale Combattenti e Reduci, cui Mario era iscritto dal 1946.
Dal ruolino militare si apprende che è stato di leva nel ‘35 e poi richiamato nel novembre del ‘40. Sul fronte russo dal 15 luglio del 1942 al 30 novembre dello stesso anno. Pochi giorni prima che il settore italiano fosse sfondato, portando all'isolamento della sesta armata tedesca a Stalingrado. Mario è stato molto fortunato a lasciare la Russia prima della tragedia della ritirata, costata circa 84 mila soldati italiani tra morti, prigionieri e dispersi.

 Posted by at 11:42