mar 072017
 
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dal blog del capogruppo Marco Gallicani

Ierisera (il 6 marzo 2017, NdA) è stata richiesta dalle minoranze una seduta di Consiglio Comunale per discutere delle minacce ricevute da Andrea Massari sui social network lo scorso novembre. C’era già stata una risposta ad interrogazione urgente presentata dal M5S e da Rete Civica, il 16 novembre scorso, ma evidentemente non è bastata. È un loro diritto e quindi noi siamo qui presenti, ma è anche nostro diritto affermare che questo Ordine del Giorno rappresenta una grande occasione persa.

Abbiamo tentato anche in Conferenza dei Capigruppo di spiegare che sarebbe stata una conquista importante discutere stasera di quell’uso dei social network e della vaghezza nei comunicati stampa che avvelenano il modo di stare in una Comunità.

Crediamo infatti:
- che la politica abbia una sua sacralità, e che glielo dia il nostro impegno.
- che Le istituzioni e i loro luoghi abbiano una loro dignità.
- che la politica abbia delle conseguenze, che spesso vanno oltre le intenzioni dei politici.

Il dibattito politico deve avere dei limiti. Perché la violenza genera violenza, l’odio chiama altro odio, e nella nostra società così in affanno troppo spesso alcune persone colmano la loro esistenza reale e digitale attaccandosi alle parole che usa la classe dirigente. Lo ha sostenuto a gennaio anche una sopravvissuta dei lager nazisti“State attenti alle parole dell’odio. Tutto inizia come un piccolo ruscello, ma poi ha il potenziale per esplodere -.. E quando lo fa, è troppo tardi per fermarlo”

Il fiume dell’odio, covato nelle nuove piazze digitali non è un evento secondario per la nostra società. Joe Cox era una deputata inglese di 43 anniAveva la mia età, e due figli, di 3 e 5 anni. Nel giugno del 2016 stava per iniziare un comizio vicino a Leeds, come altre centinaia di volte. E’ stata uccisa a colpi d’arma da fuoco e con un coltello da un nazionalista con simpatie neonaziste di 52 anni, Tommy Mair, esasperato dalla campagna su Brexit e abbeveratosi da “fonti” sulla rete incitanti alla supremazia britannica.

In Georgia il mese scorso due suprematisti bianchi si sono presentati armati al compleanno di un bimbo nero con una bandiera confederata, gridando insulti e minacciando d’uccidere tutti, anche i bambini. A Kansas City qualche settimana fa un bianco ha sparato a due uomini credendoli mediorientali (erano due ingegneri indiani) e gridando loro«andate fuori dal mio paese».

A Fidenza si è potuto parlare impunemente di “cecchini”, di impiccagioni. Nella vicina Medesano è bastata la visita dell’eurodeputata Cecile Kyenge, la scorsa settimana, per vedere gente che ha scritto “carico la carabina e mi apposto. Chi mi rimborsa le munizioni?”, oltre al solito squallido armamentario sulle scimmie e le banane, che accompagna questa parlamentare di colore.

Esempi che riporto per spiegare che la politica ha delle conseguenze. Spesso stanno sotto traccia, altre volte sono paradossali, ma ci sono. Se la politica fa passare il messaggio che vale tutto, la conseguenza più immediata è che alcuni pensino che quel tutto sia proprio tutto, e che tutti gli altri si adeguino all’idea che non vale più niente. Specie in quello che dicono e fanno i politici.

Alla politica, a chi la ama, a chi la onora con passione indipendentemente dal credo, tocca decidere da che parte stare. Perché la politica non è scontro, non è una lotta a chi spara la bugia più grossolana, non è una gara a chi fa il video più smargiasso e lo fa diventare virale.

La democrazia non è un regalo, ma la conquista di un impegno.

Non credendo di onorare questo impegno partecipando ad una seduta con un Ordine del Giorno del genere, convocata in un luogo che servirebbe per fare altro, nell’interesse di tutti, non dei soli consiglieri o dei loro referenti, per questo abbiamo sollevato la questione pregiudiziale ritenendo che l’argomento proposto dalla minoranza non sia da discutere in Consiglio comunale ai sensi dell’articolo 27 del Regolamento.

Crediamo che quanto accaduto a novembre non faccia parte della cultura pacifica e solidale che permea la storia di Fidenza. Per questo abbiamo detto e scritto che stiamo dalla parte di Andrea Massari, che quelle offese le ha ricevute, perché quello che è capitato a lui potrebbe capitare ad ognuno di noi, a qualsiasi altro cittadino. Perché quello che è capitato ad Andrea Massari capita ogni giorno nel mondo a tante altre persone. E francamente, crediamo sia il momento di dire basta. Non è questo il modo di discutere che ci interessa, non abbiamo nessuna voglia di alimentare uno scontro permanente in grado solo di avvelenare gli animi. A tutti coloro che sono fatti bersaglio da vere e proprie campagna d’odio offriamo, ancora, la nostra solidarietà. E lo faremo 10, 100, 1.000 volte, se necessario.

Perché la politica ha bisogno anche di segnali, e di parole perché le parole sono ormai ovunque e vanno scelte con cura, proprio perché sono importanti.

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mar 072017
 
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Il fatto: l’8 novembre 2016 per la prima volta nella storia di Fidenza un Presidente del Consiglio viene in Città e viene per inaugurare il nuovo pronto soccorso. Non una sezione di partito. Non una cosa di parte. Viene per inaugurare un servizio per tutti, fatto coi soldi di tutti.

I fatti sono tristemente noti: si scatena una fogna mediatica in cui diverse persone scrivono minacce e offese di tutti i tipi. Contro di me e contro il Presidente del Consiglio.

Mi viene augurato un “cancro letale”, vengo chiamato “la merda cittadina”, “handicappato”, qualcuno invita alla ricerca di un cecchino, un professore che insegna a Fidenza rivela dalla sua pagina fb – seguita anche dai suoi studenti – di aver pensato di “prendere una spranga e spaccare la testa a sta merda”.

Nascono bufale a piene mani, dall’opposizione qualcuno scrive che addirittura mi attribuisco gli insulti che in realtà spettavano al Premier, come se fosse giusta la violenza verbale quando è indirizzata contro un avversario politico.

Denuncio la cosa e porto tutto all’attenzione della Procura ma… per la nostra opposizione il problema non sono gli insulti, non è questo inaccettabile clima d’odio, ma il problema sono io.

E così, in una nuova saga del talk #TuttaColpaDiAndrea, viene richiesto dalle minoranze un Consiglio comunale.

Voi direte: in un momento in cui le #fakenews e la violenza digitale sfociano nell’emergenza sociale, stavolta il Consiglio Comunale di Fidenza si riunirà per prendere una posizione condivisa, per dire no ai manganellatori da tastiera, da qualunque parte provengano. Si riunirà per dire che la rete è un diritto ed è un diritto per tutti.

NO 

Il Consiglio comunale è stato convocato dalle minoranze per cercare di processarmi ribaltando la realtà, per dire che sto cercando – teoria che ho già sentito – di intimidire i cittadini che hanno offeso e insultato, chiamandoli a rispondere di parole che a mio modo di vedere non possono far parte del dizionario di una Comunità solidale come la nostra. Trovo incredibile e surreale che di fronte alle montagne di odio che sono state smosse, il problema diventi chi denuncia le minacce e le vittime siano coloro che mi hanno augurato di morire in un modo atroce. Trovo incredibile fino a che punto possono condurre le opposizioni il loro livore e la loro cattiveria politica.

Magari sarò un ingenuo, ma mi avrebbe fatto piacere davvero sentire mezza, minuscola frase ma di sincera solidarietà dai nostri consiglieri d’opposizione. Senza se, senza ma, senza però. Sono ancora qua che sto aspettando.

Cosa resta alla fine di questa passerella della vergogna? Resta che chi i ha augurato di morire ha ottenuto il like – il mi piace – di un consigliere di minoranza. Resta che oggi è stato organizzato un Consiglio che qualcuno voleva utilizzare come Tribunale di parte e che, in realtà, è stato la fotografia fedele di un’arroganza senza limiti.

feb 082017
 
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dal blog di Marco Gallicani

In giro per l’Europa ci sono alcuni posti dove per terra, camminando, è possibile incappare in piccoli sanpietrini dorati completamente estranei dal contesto visivo.
Sono delle pietre d’inciampo, un’opera dell’artista tedesco Gunter Demnig che ha voluto “depositare, nel tessuto urbanistico e sociale delle città europee una memoria diffusa dei cittadini deportati nei campi di sterminio nazisti”.

Li mette dal 1995 davanti alle ultime abitazioni delle vittime e sopra incide il nome della persona, l’anno di nascita, la data e il luogo della deportazione e la data di morte. Dice che è un modo per creare disordine e ricordare, una parola dal sapore affascinante, che viene da cordis (il cuore), perché il cuore era ritenuto la sede della memoria. Così facendo ridona loro un’identità.

Io credo che quello che facciamo con questa giornata in Italia sia una pietra d’inciampo, un momento importantissimo perché nel 2016 sono troppi gli italiani che sono convinti che alla fin fine l’orrore che sconquassò l’umanità a metà ‘900 fu dovuto a pochi cattivissimi. E invece dei circa 700 ebrei deportati da Roma dopo la tragica retata del 16 ottobre 1943 almeno 439 (quasi la metà) furono traditi o arrestati dagli italiani. Quelli buoni, quelli che non ci hanno mai creduto davvero. Quelli folkloristici, goliardici.

Sono troppi gli italiani, i miei amici che ignorano che l’introduzione del norme razziali nel sistema giuridico italiano fu un’operazione complessa e studiata da giuristi esperti e tecnicamente preparati, non un gioco, non un’improvvisata. Anticipata da un’azione propagandistica molto attenta capace di far credere ai più che si trattasse solo di un gesto formale, sostanzialmente obbligato e portato avanti per compiacere l’ingombrante alleato.

Io credo che quello che facciamo con questa giornata in Italia sia una pietra d’inciampo, un momento importantissimo perché proviamo a raccontare anche solennemente che non è vero che certe cose non possono capitare di nuovo, che non possono star tranquilli i ragazzi, ma che si devono interessare, devono stare dentro un tempo (ed una società) che è capace di assistere a deportazioni simili a quelle di metà ‘900 senza rimanerne inorridito. Gennaio non è ancora finito e sono già oltre 200 le persone morte nel tentativo disperato di raggiungere l’Europa, annegati in un mare che avrebbe dovuto collegare la loro terra (mediterraneo, in mezzo a due terre) e il continente dove speravano di trovare pace.
E dove invece molti di loro sono morti congelati. O annegati, come a Venezia l’altro giorno. E noi parliamo d’invasione (come fanno sempre più politicanti cialtroni) e di invadenza (come fa qualche amico che prova a giustificare la sua paura).

Gli immigrati in Italia sono l’8,2% e credetemi che è un dato che crescerà. Non serviranno i muri come non è servito bloccare le frontiere. La chiusura della rotta balcanica ha spinto i profughi nel Mediterraneo e ora che trovano blindato anche quell’accesso iniziano a guardare in direzione dell’America Centrale. I muri servono sicuramente a creare emergenze dove non ce n’erano ammassando le persone tutte a ridosso del confine e a creare delle zone dove i criminali possono governare con la violenza il traffico di chi può permettersi di superare anche i muri più alti, corrompendo chi va corrotto.

Allora “perché la memoria del male non riesce a cambiare l’umanità? A che serve la memoria?” si chiese Primo Levi. Io spero a trasformarci tutti in pietre d’inciampo, a farci avere il coraggio che ha avuto Cedric Herrou, il contadino francese sotto processo per aver aiutato i migranti. A farci arrivare al cuore che non è giusto ne normale vivere quello che hanno vissuto quasi tutti quelli che tentano di venire in Europa: viaggiare due o tre anni a piedi, pagare per essere caricati in 25-30 in una jeep con solo una lattina d’acqua al giorno che puzza della benzina che ci hanno messo dentro per non fartela consumare tutta subito, farlo incinte perché questo è l’unico tabù ancora rispettato dalle bande (le altre vengono tutte violentate nel percorso, e non una volta sola), restare in un campo di concentramento per mesi in attesa degli ultimi soldi, senza i quali si rischia di diventare schiavi, prostitute o aggregati d’organi.

Non è normale e se c’è qualcuno che può capirlo è il cuore di un giovane. A loro serve la memoria, e a noi per essere un po’ come loro

feb 082017
 
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Uniti si vince. E’ facendo squadra che si possono sconfiggere mafie, corruzione e illegalità. Il Comune di Fidenza ha partecipato ieri a Bologna al primo coordinamento regionale del nuovo triennio dei soci di Avviso pubblico. A rappresentare Fidenza è stata l’assessore al Welfare, Alessia Frangipane.

All’ordine del giorno per i 56 comuni iscritti in Emilia-Romagna all’associazione di enti locali e Regioni per la formazione civile contro le mafie, oltre alla nomina del nuovo coordinatore regionale e dei coordinatori provinciali, è stata l’individuazione delle priorità su cui lavorare, anche alla luce del nuovo Testo Unico sulla Legalità approvato dalla Regione Emilia-Romagna.

I principali ambiti di intervento sono stati individuati nella lotta al gioco d’azzardo e nel riuso dei beni confiscati. Su questi temi Fidenza porterà la sua esperienza e si confronterà con altre realtà per definire nuove azioni da mettere in campo.

Continua il nostro impegno sul fronte della legalità. Fidenza ha aderito ad Avviso pubblico il 13 novembre 2014. Da allora abbiamo intensificato la lotta all’illegalità e avviato diversi progetti di contrasto alla criminalità e alla corruzione, in primis l’introduzione delle clausole sociali e il rifiuto del criterio del massimo ribasso nelle gare d’appalto. Abbiamo avviato un programma di formazione per i dipendenti pubblici, aperto anche ai cittadini, e intrapreso azioni contro il gioco d’azzardo e di sostegno alle persone colpite da disturbi del comportamento ad esso correlate. Fare squadra con altri enti è senz’altro il modo migliore per combattere efficacemente queste piaghe. Fidenza c’è e vuole essere protagonista di una lotta condivisa all’illegalità”, ha dichiarato l’assessore al Welfare,Alessia Frangipane.

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Sosteniamo con grande convinzione il pacchetto di leggi per rafforzare la prevenzione e il contrasto alle mafie e alla corruzione contenute nell’Appello al Parlamento e al Governo scritto tra gli altri da Avviso Pubblico, il grande network antimafia di cui fa parte il Comune di Fidenza”.

 Lo rende noto il Sindaco Andrea Massari, schierandosi a favore della richiesta affinché si arrivi all’approvazione rapida di progetti di legge che “darebbero notevolmente forza all’impegno delle Istituzioni e dei Cittadini nella guerra alla malavita e alle pratiche più immorali che rovinano e sporcano da troppo tempo la libera convivenza civile”.

 Concretamente, si tratta di un pacchetto di misure che puntano a modificare la normativa in materia di beni e aziende confiscate alle mafie, a riformare la prescrizione dei processi, a rafforzare il contrasto alla criminalità nel settore del gioco d’azzardo, ad introdurre nuove misure a favore dei testimoni di giustizia. E poi due punti altrettanto essenziali: introdurre misure per contrastare il fenomeno delle intimidazioni e delle minacce ai danni degli amministratori locali e il riconoscere ufficialmente il 21 marzo come Giornata Nazionale della memoria e del ricordo delle vittime innocenti delle mafie.

 “Insieme a tutta l’Amministrazione, abbiamo aderito immediatamente all’appello giunto da Avviso Pubblico affinché i progetti di legge che portano la sua firma unitamente a quelle di Libera, Legambiente, Cgil, Cisl e Uil giungano rapidamente al voto delle aule parlamentari, evitando di disperdere un importante lavoro di innovazione e di messa a fuoco degli strumenti antimafia costruito in questa Legislatura”, conclude il Sindaco Massari.

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Il Sindaco ha scritto ai vertici di Trenitalia e al Ministro Graziano Delrio (Infrastrutture e Trasporti) per sostenere l’azione di pendolari e parlamentari del territorio contro la cancellazione di corse ferroviarie Intercity molto importanti.

“La stazione di Fidenza è sempre più un punto di riferimento per un bacino molto vasto di studenti, lavoratori e comunque cittadini che utilizzano il treno per i loro spostamenti da e per la nostra Città. Lo dicono i dati sui volumi di traffico – spiega Massari –. La soppressione di corse Intercity come il 583 (partenza da Fidenza alle 7.58 e diretto lungo tutta l’asta emiliana) o il 590 che rientra a Fidenza alle 17.52, senza dubbio rappresentano un problema serio anche per il nostro scalo. Bene hanno fatto i parlamentari Patrizia Maestri, Giuseppe Romanini e Giorgio Pagliari ad intervenire su questa vicenda raccogliendo l’appello dei pendolari. Agli uni e agli altri voglio esprimere il mio ringraziamento e un supporto fattivo, sostanziato nell’invio di una lettera all’Ad di Trenitalia e a Graziano Delrio, Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti”.

Certo, da Barbara Morgante, Ad di Trenitalia, è giunta una prima risposta, resa nota dai nostri parlamentari, che conferma l’intenzione del colosso ferroviario di arrivare ad una soluzione positiva, ma giustamente ora occorre conoscere il contenuto del nuovo contratto di servizio e avere la piena garanzia di non soppressione delle corse.

“A Trenitalia e al Ministero ho parlato come Sindaco di una Città – illustra Massari – in cui per la mobilità ferroviaria sono giunti importanti risultati lavorando concretamente col Governo ed Rfi. Risultati cui ne sommeremo altri per l’anno in corso, ivi compresi gli interventi di riqualificazione del fabbricato viaggiatori e il rialzo delle banchine sui binari passeggeri della stazione, che consentiranno una migliore fruibilità a tutti, a cominciare dall’utenza diversamente abile. Parliamo di milioni di euro di investimenti. Garantire un buon livello della mobilità ferroviaria a tutte le categorie di viaggiatori, a cominciare da quelle più sensibili, rappresenta quindi uno strumento per rendere queste conquiste davvero a servizio di tutti. Un Paese moderno che vuole una mobilità moderna, deve saper riconoscere tutto questo, tutelando servizi che sono a tutti gli effetti essenziali”.

 

dic 222016
 
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L’inaugurazione del primo Ostello attivo sul territorio comunale  la presentazione di un’app dedicata alla cultura del viaggio pellegrino.

Tutto questo a suggellare l’impegno di una intera Comunità che ha lavorato sodo per costruire una nuova forma di accoglienza, proprio nell’anno del Giubileo della Misericordia voluto da Papa Francesco. Ecco perché quella odierna si può definire una giornata storica per Fidenza e per il suo impegno a favore della Via Francigena, intesa come grande percorso di Fede, di Cultura, di Scoperta, di cui Fidenza è da 1.000 anni simbolo e parte integrante.

Il nuovissimo Ostello – dedicato a San Donnino, Martire e Patrono di Fidenza – è un vero e proprio dono giubilare per i pellegrini della via Francigena che la Diocesi di Fidenza, in collaborazione con il Comune, ha voluto realizzare nell’Anno Santo 2015-2016. L’Ostello è stato realizzato all’interno di un immobile appartenente al Capitolo della Cattedrale in via Rossi 4, nelle immediate vicinanze della stupenda Cattedrale fidentina, che Diocesi e Comune hanno  messo al centro dell’iter di candidatura della Via Francigena a patrimonio mondiale dell’Umanità.

Giungere all’apertura dell’Ostello era un obiettivo particolarmente sentito dal Vescovo Carlo Mazza. Ne percepì immediatamente l’importanza appena ordinato a Fidenza nel 2007 e in questi anni ha lavorato con caparbietà, sempre mosso dalla convinzione che che la struttura “dovesse essere vicino alla Cattedrale, perché qui a Fidenza c’è una cosa unica al mondo ed è il Martire San Donnino. Difficilmente si trova una città in cui il Martire fondatore è così radicato nella sua terra e nel suo territorio”.

Motivi ispiratori cui si è sommato l’impulso giunto da Papa Francesco, affinché “ogni Diocesi desse un segno stabile, che richiamasse il Giubileo delle varie opere di Misericordia. Opere tra cui c’è proprio l’ospitalità verso gli stranieri. Ecco perché l’Ostello risponde direttamente alle intenzioni del Papa”.
Il Vescovo Mazza ha sottolineato di essere “molto fiero e orgoglioso di quanto ha fatto la Chiesa di Fidenza per l’Ostello, così come sono contento del contributo adeguato e importante alle spese giunto dalla Comunità. Comunità che ha percepito l’importanza di questo strumento che le permetterà di dare ospitalità a pellegrini che arrivano da tutto il mondo”.

Per questo assume ancor più rilievo il fatto che l’Ostello sia nato da un positivo percorso di “collaborazione per il bene del paese e devo dare atto all’Amministrazione e ai miei collaboratori che il cammino intrapreso è andato davvero in questa direzione”.

Un’articolazione dei servizi resa possibile da un significativo lavoro di restauro sostenuto dalla Diocesi, costato complessivamente 130.000 euro, 25.000 euro dei quali stanziati dal Comune di Fidenza. Indubbiamente, l’apertura dell’Ostello “San Donnino” – operativo dal prossimo 1° febbraio – rappresenta una forte innovazione per il sistema dell’accoglienza dedicata ai pellegrini. Accessibile con un costo limitatissimo (10 euro a notte), aperto tutti i giorni festivi inclusi, l’Ostello completa l’offerta ricettiva che fino ad oggi era stata sostenuta con una dedizione e una passione ammirevoli dai Frati Minori Cappuccini di Fidenza presso il Convento di San Francesco, da don Marek Jaszczak nella casa canonica della Parrocchia di Cabriolo e dal direttore della Caritas Diocesana, Silvano Pietralunga, presso il Cenacolo di Fidenza.

dic 072016
 
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In riferimento all’interrogazione del gruppo consiliare Forza Italia si fa presente che questa Amministrazione, consapevole della gravità e della delicatezza del problema delle violenze nei confronti delle persone più deboli della nostra società come minori, anziani e disabili, non ritiene che la videosorveglianza sia la soluzione.

Di seguito si riportano alcune note e riflessioni in merito al problema, rispetto in particolare alla proposta legislativa approvata dalla Camera dei Deputati ed in attesa di essere valutata in Senato, rispetto alla situazione dei servizi educativi comunali e della Casa Residenza Anziani (CRA) Città di Fidenza, rispetto al lavoro svolto ed in corso, a livello socio-sanitario, in ambito provinciale.

Per quanto riguarda la proposta di legge è importante dare un quadro di contesto legislativo approvato alla Camera: punto nevralgico della proposta di legge che consente l’installazione delle telecamere a circuito chiuso negli asili e nelle strutture per anziani e disabili, pubbliche e private, al fine di prevenire e contrastare maltrattamenti nei confronti dei minori negli asili nido o scuole d’infanzia, degli anziani e disabili nelle case di cura a carattere residenziale, semi-residenziale o diurno, è la possibilità di installare, nei locali delle strutture, sistemi di videosorveglianza a circuito chiuso con immagini cifrate, con un meccanismo a due chiavi: una in possesso della struttura stessa e l’altra di un ente terzo certificato. La raccolta dei dati dovrebbe essere utilizzabile a fini probatori in sede di accertamento delle condotte di abuso. Per risolvere i problemi sul fronte privacy, il testo prevede che l’accesso alle registrazioni sia vietato, salvo, nel caso di segnalazione o denuncia: ma in tal caso le immagini potranno essere visualizzate soltanto dal pm o dalla polizia giudiziaria su sua delega. L’installazione avverrà soltanto “previo accordo collettivo con le rappresentanze sindacali unitarie” (ovvero, in mancanza con l’autorizzazione dell’ispettorato del lavoro) e la presenza dei sistemi di videosorveglianza dovrà essere sempre segnalata a tutti i soggetti che accedono ai locali monitorati. È in ogni caso vietato l’uso di webcam. Inoltre, nelle strutture sanitarie e socio-assistenziali l’uso delle telecamere sarà consentito soltanto nel rispetto della Convenzione Onu sui diritti delle persone disabili e previo consenso degli interessati (ovvero dei tutori se minorenni o incapaci). Il tutto, infine, dovrà avvenire senza oneri aggiuntivi per lo Stato: ciò significa che le strutture dovranno montare le videocamere a proprie spese. Il testo demanda al Garante per la privacy la definizione, entro 60 giorni dall’entrata in vigore, degli adempimenti e delle regole da applicare in relazione all’installazione delle videocamere. Entro 6 mesi, inoltre, il ministro della Salute (di concerto con i sindacati e previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni) dovrà emanare le linee guida per stabilire le modalità di accesso nelle strutture socio-sanitarie per garantire, laddove possibile, le visite agli ospiti per l’intero arco della giornata.

Per quanto concerne i servizi educativi, il tema della sicurezza è da sempre un aspetto di alta vulnerabilità, molto delicato e sentito, sia dalle famiglie che dall’Amministrazione. La Regione Emilia Romagna ha emanato sia leggi che interventi riguardanti la messa a norma degli ambienti e degli arredi per garantire il massimo dell’adeguatezza a principi di salubrità, sicurezza e garanzia delle condizioni di tutela dei bambini e degli spazi in cui essi si muovono e sperimentano quotidianamente. Il Comune di Fidenza ha sempre rispettato le indicazioni regionali pertanto ha offerto e offre luoghi di benessere per i bambini e le loro famiglie. Un aspetto che non può essere normato è la prestazione del personale che si occupa dei bambini sia sotto il profilo della cura e dell’igiene sia sotto il profilo degli interventi educativi.

Per i nidi di Fidenza sono inderogabili i seguenti criteri:

  • il personale è dotato di titolo di studio adeguato e di una formazione permanente utile a mantenere attiva la consapevolezza del ruolo che gli compete e della responsabilità legata all’esercizio dell’attività svolta;

  • ogni educatore o collaboratore/ausiliario impiegato nel servizio è obbligato a esplicitare lo stile educativo, condividendo con il gruppo di lavoro gli interventi e aderendo ad un progetto pedagogico elaborato e dichiarato dallo stesso personale del servizio che ne fa oggetto di dialogo anche con i genitori dei bambini;

  • ogni servizio è dotato di un coordinatore pedagogico in grado di monitorare l’attività del personale, la sua adeguatezza in rapporto a quanto stabilito nel progetto pedagogico, esercitando tale monitoraggio, attraverso periodici incontri con il personale del servizio, oltre a contemplare visite costanti presso i servizi senza preavviso;

  • è garantita la compresenza del personale sui turni di lavoro evitando che una educatrice rimanga da sola con bambini: questo è un aspetto importante a garanzia di un implicito controllo che il personale è in grado di esercitare attraverso l’autocontrollo;

  • il progetto pedagogico del servizio, e dunque le prestazioni del personale in esso operante, è oggetto di valutazione per verificare lo scarto tra intenzioni dichiarate ed obiettivi educativi effettivamente raggiunti, ivi compreso la modalità e lo stile relazionale che il personale  assume con i bambini e con i genitori, e che è caratterizzato da modalità non invasive, giudicanti né tanto meno prevaricanti.

Detto ciò è importante precisare che uno dei requisiti fondamentali su cui si fonda il patto educativo tra il servizio e le famiglie che vi ricorrono per l’accompagnamento alla crescita dei propri figli, è la fiducia reciproca che ovviamente non è scontata, ma va conquistata attraverso il confronto e la constatazione che il luogo in cui i bambini vengono affidati, corrisponde davvero a quanto viene dichiarato dall’ente gestore  cioè il Comune ivi compreso la garanzia che le condizioni sopra citate siano effettivamente possedute in toto.  Va ricordato che la fiducia è soprattutto un sentimento che ha a che fare con la parte istintiva di ciascuno di noi, mutuata dal pensiero e soprattutto nutrita dal progredire della relazione: è sperimentando la relazione e facendola evolvere che la fiducia può essere confermata o smentita. (“senza la fiducia non ci sarebbe comunità”- Salvatore Natoli-).

Il punto di fondo è questo: non ci si può avvicinare ai servizi educativi avendo un approccio basato unicamente sulla logica del controllo del presunto benessere, magari utilizzando una telecamera, che scruta a distanza l’incolumità dei propri figli, attraverso una modalità che è pregiudica fortemente la fiducia verso il personale che opera al proprio interno.

In questa direzione è compromesso il dialogo e si alimentata la logica del sospetto secondo la quale chiunque si occupi di cura, dall’educatrice che accoglie il bimbo al nido, alla badante che veglia l’anziano in casa, sia inaffidabile e dunque potenzialmente da controllare, escludendo in tal modo il dialogo insito nella reciprocità.

E allora per un insano approccio si potrebbe dire che le stesse riserve potrebbero estendersi ai genitori stessi in quanto lavoratori, per esempio l’infermiera che assiste l’ammalato in ospedale può essere una potenziale omicida? E che dire delle madri o dei padri che in un gesto disperato e forse non intenzionale, uccidono i propri figli? Le citazioni non sono casuali, ma si riferiscono ad analoghi casi di cronaca rispetto ai quali non credo si possano imputare gli stessi comportamenti all’universo dei genitori, piuttosto che a quello degli infermieri. E nessuno ha finora avanzato la proposta di introdurre nelle case le telecamere, nonostante le statistiche ci confermino che è dentro le pareti domestiche che si consumano i fatti più incresciosi di violenza sulle donne e sui bambini (80%).

Certamente davanti a casi di violenza sull’infanzia in contesti di cura occorre non transigere: intanto è necessario valutare se tutti gli standard previsti dalla norma sono garantiti (rapporto numerico adulti/bambini, presenza dei requisiti correlati al titolo di studio e alla formazione in servizio, presenza del coordinatore pedagogico, tempi di apertura adeguati, flessibilità organizzativa monitorata) e se in virtù di eventuali tagli finanziari intervenuti, siano venute meno quelle garanzie basilari che consentono di poter operare con margini di adeguata qualità.

Il punto di snodo di questo lavoro, che è di natura processuale e ricorsivo, e quindi orientato a non dare mai per scontata la qualità dichiarata, ma a ridefinirla costantemente lungo il tragitto osservativo e documentativo e avendo come riferimento un’ipotesi di progettazione condivisa a livello di gruppo di lavoro (personale educativo e ausiliario).

Esiste un motivo prioritario per bandire le telecamere ed è soprattutto di natura pedagogica: che messaggio trasmettono gli adulti ai bambini utilizzando l’occhio che li scruta di nascosto, adducendo che l’obiettivo è per il loro bene? Che immagine svalutante viene accordata alle educatrici che si occupano di loro e quanto questa svalutazione può alterare e compromettere il clima di benessere che è indispensabile per coltivare rapporti co-evolutivi? Quale atmosfera possiamo garantire ai bambini, ma soprattutto al personale se non accordiamo loro la fiducia che può favorire le condizioni ideali per assumersi la responsabilità del proprio gesto quotidiano che deve essere prima di tutto un gesto intenzionale, meditato e pur tuttavia spontaneo? Il processo di autoformazione può avvenire solo se attraverso l’educazione si riesce a favorire, nell’altro ed in sé stessi, lo sviluppo di quelle disposizioni in grado di facilitare tale processo (“Io so che tu sai che io so”).

Al contrario la telecamera scruta, indaga, penetra negli interstizi del nido o della scuola, carpisce dettagli e particolari snaturandoli dal contesto in cui essi si manifestano e soprattutto favorisce comportamenti non spontanei, indotti quindi ad alterare e fortemente compromettere la natura delle relazioni che, come nel Grande Fratello, assumono la dimensione della finzione scenica, pertanto la realtà è dominata dal fantasma del sospetto, del ricatto e del pregiudizio che non esita a minacciare in forma subdola secondo il principio del “io so che tu sai che io so”!

È questo il messaggio che come adulti vogliamo trasmettere ai nostri bambini? E quand’anche avessimo protetto tutti gli ambiti in cui i bambini vivono, siamo certi che queste “riserve” non siano generatrici di nuovi scenari di violenza? Quella indotta appunto dalla diffidenza verso l’altro? (Su questo interrogativo inviterei tutti a riflettere).

Per quanto riguarda la vulnerabilità delle persone non autosufficienti come anziani e disabili è senza dubbio ancora impresso a tutti quanto accaduto nella Cra di Bazzano. Gli episodi di maltrattamento verso le persone non autosufficienti (anziani e disabili) sono sempre più spesso oggetto dei media, che ci rimandano immagini violente e brutali di drammatici casi di cronaca. Anche a seguito degli episodi verificatesi nel territorio provinciale, su mandato della Conferenza Territoriale Socio Sanitaria (CTSS) è stato istituito a marzo 2016 un gruppo di lavoro provinciale composto da professionisti esperti e tecnici che ha prodotto il documento “Prevenzione del maltrattamento nei servizi per le persone non autosufficienti”. In esso vengono, da una parte, individuati aspetti, condizioni e meccanismi correlati all’insorgere dei fenomeni del maltrattamento; dall’altra, delineate le aree di prevenzione del problema e possibili “leve” di intervento. Infine, si formula una proposta – aperta a tutte le parti interessate al tema – per la realizzazione di un percorso condiviso adeguato alla complessità del problema. Si evidenziano diversi fattori critici connessi a condizioni di disagio e rischi di maltrattamento verso le persone non autosufficienti: ne emerge un quadro complesso dove si intrecciano elementi soggettivi, professionali, organizzativi, gestionali e culturali, che coinvolgono diverse componenti implicate a vario titolo nella gestione dei servizi.

Vengono poi presi in esame diversi aspetti delle organizzazioni dei servizi alla persona sui quali si può intervenire per prevenire ed evitare situazioni di disagio e maltrattamento. Si tratta di fattori fra loro strettamente interdipendenti, che vanno letti e gestiti in termini sistemici all’interno delle organizzazioni, fra i quali:

- la selezione, l’inserimento, la formazione di base e continua degli operatori come strumenti di prevenzione;

- il monitoraggio e adeguamento delle condizioni del lavoro di cura e dei fattori di stress correlati;

- la qualità gestionale dei servizi volta a realizzare un’organizzativa di qualità, intesa come tutela della dignità e promozione del benessere della persona;

- rinnovare il dialogo e la negoziazione di merito fra Committenza e Gestione (sui programmi, le modalità gestionali e la valutazione degli esiti)  a tutela della qualità del servizio verso l’utenza.

Coerentemente con questi strumenti è importante prevedere che le strutture/i servizi abbiano un carattere sempre più dialogico, trasparente e aperto sia verso i familiari sia verso tutte altre le parti interessate e la cittadinanza nel suo complesso, ad esempio, le associazioni dei familiari, il volontariato di settore ecc. Lo scopo di tali azioni è quello di dar sempre più voce – anche attraverso le loro rappresentanze –  alle persone e alle famiglie utenti e di favorirne l’empowerment, bilanciando in tal modo quelle asimmetrie di potere sopra richiamate e favorendo contestualmente la qualità effettiva dei servizi e il benessere complessivo delle persone a cui essi sono dedicati.

La recente costituzione del Comitato Famigliari e Ospiti Casa Residenza Anziani “Città di Fidenza”, costituito da rappresentanti del Comune, di ASP Distretto di Fidenza, Cooperativa Aurora Domus, dalle associazioni di volontariato operanti nella struttura, dalle famiglie degli ospiti risponde alla finalità di favorire la partecipazione dei parenti alla vita del servizio, di facilitare la collaborazione con l’Ente per una migliore qualità dei servizi offerti e per la diffusione delle informazioni alle famiglie, proponendo iniziative integrative finalizzate ad elevare la qualità della vita degli ospiti e al contempo di garantire una valutazione ed un “controllo” anche dall’esterno.

Per quanto riguarda la situazione pre-Asp della Casa Residenza Anziani Città di Fidenza ovvero quanto era Ipab, le telecamere erano presenti e poste sugli ingressi principali all’area cortilizia e alla struttura, con il duplice scopo di impedire allontanamenti indebiti di ospiti con disturbi cognitivi e di controllare e favorire l’accesso di mezzi autorizzati (fornitori, mezzi di soccorso ecc.). I monitor per il controllo degli accessi erano posti nei luoghi più a lungo presidiati durante la giornata (la cucina) e la notte (la guardiola del personale al primo piano). Per ciò che concerne gli ospiti, le telecamere erano usate in combinato con altri mezzi per evitare allontanamenti, quali cancelletti interni e cancelli esterni dotati di tastiere a codici, interfacciati con il sistema di prevenzione incendi. Nessuna telecamera era posta all’interno della casa protetta, perché al tempo in contrasto con le norme previste dallo statuto dei lavoratori e con la legge a tutela della privacy. Con la trasformazione in ASP, pur rimanendo il sistema predisposto, le telecamere della CRA di Fidenza sono state disinstallate. Rispetto alle Cra, unitamente agli elementi relativi alla privacy, si pone altresì il delicato tema della cura soprattutto in presenza di delicate patologie attinenti in particolare alle demenze.

Per tutto quanto sopraesposto si ribadisce che la videosorveglianza non sia la soluzione al problema e che non ci sia soprattutto una unica e sola soluzione al problema, ma eventualmente un mix di interventi volti a limitare e ridurre il più possibile la probabilità che accadano episodi di violenza e maltrattamento. Siamo però disponibili, come Amministrazione, ad affrontare il tema della videosorveglianza, quando la proposta diventerà legge e sarà coinvolto sia il Garante che il Ministro della Salute per gli atti e le decisioni di loro competenza, in apposito percorso di commissione consiliare insieme ai consiglieri di minoranza e maggioranza che, interessati, vorranno affrontare il complesso e delicato tema dell’uso della videosorveglianza come soluzione al problema degli episodi di maltrattamento e violenza delle persone più indifese come minori, anziani e disabili.

nov 102016
 
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Giornata speciale oggi a Fidenza e grande momento di festa. Il Presidente del Consiglio, Matteo Renzi ha inaugurato il nuovo Pronto Soccorso dell’Ospedale di Vaio, completamente ristrutturato e ampliato.

Autorità, medici, Forze dell’Ordine, rappresentanti delle associazioni, industriali e tantissimi cittadini hanno accolto oggi il Presidente del Consiglio in un caloroso abbraccio, ricambiato da Renzi, che ha scambiato battute e si è intrattenuto con i cittadini.

Fidenza è il segno di un’Amministrazione che corre, che ha voglia di fare”, ha detto il Presidente del Consiglio.“Sono felice - ha dichiarato il Premier Renzi - di portare oggi il mio abbraccio a chi lavora in questo ospedale, ai malati, a tutti coloro che vivono questa struttura, luogo di dolore ma anche di cura. Possiamo avere le strutture più belle e tecnologiche, ma ciò che conta davvero, ciò che fa la differenza, sono le persone, che sanno prendersi in carico i pazienti, che sanno accoglierli e assisterli”.

Il nostro futuro è qui, è adesso e nasce da uno straordinario percorso che abbiamo fatto insieme a questo Governo e a questa Regione. - ha detto il Sindaco Andrea Massari - Lo voglio dire a maggior ragione oggi, qui, in questo Comune straordinario che come primo deputato nel parlamento nazionale elesse il patriota Giuseppe Verdi e che oggi, per la prima volta nella sua storia, ospita la visita ufficiale del Presidente del Consiglio. Non era mai accaduto. Un pezzo importante del futuro di Fidenza e di questa grande parte d’Emilia di cui siamo anima e cuore lo tocchiamo con mano ora, aprendo ufficialmente il nuovo Pronto Soccorso, completamente rinnovato. Non solo nelle superfici, che raddoppiano, ma nel modo di accogliere i pazienti e le loro famiglie, con spazi dedicati, tempi d’attesa tracciabili in diretta, nuove eccellenze che si aggiungono. Un investimento che insieme alla nuova ala dell’ospedale rappresenta un super cantiere da 15,6 milioni di euro. In questi due anni Fidenza ha ottenuto dal Governo 37 milioni di euro, portando a Roma e in Regione progetti per un cambiamento radicale, che uno dopo l’altro sono stati finanziati e mandati avanti”.

Il Presidente Matteo Renzi, inaugurando il ufficialmente il Pronto Soccorso ha evidenziato lo straordinario impegno del governo: “Abbiamo investito 2 miliardi di euro in più nella sanità. Questi soldi vanno sui vaccini, sui farmaci oncologici e sui farmaci per l’epatite C. Presto ci sarà il rinnovo dei contratti di medici e infermieri, bloccati da 7 anni”.

Sul tema del rinnovo dei contratti, il Presidente della Regione Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, ha annunciato che “In Emilia-Romagna saranno sbloccate 1.1.00 assunzioni entro Natale”.

Per quanto riguarda l’impegno del Governo per lo sviluppo di Fidenza, richiamato dal Sindaco Andrea Massari nel suo intervento, Matteo Renzi ha sottolineato che “i sindaci devono tornare a fare progetti. I finanziamenti ricevuti dal Sindaco Massari sono il segno di una scaltra politica, intelligente, di una visione politica importante. Bisogna tornare a progettare, lo dico a tutti i sindaci. Mettiamo al centro l’Italia, perché se facciamo ripartire l’Italia, riparte anche l’Europa e il fatto che ce lo diciamo dal Pronto Soccorso di Fidenza è un segno meraviglioso, perché vuol dire che siamo i più forti di tutti e siamo capaci di guardare al domani con uno sguardo carico di emozione, di ideali, di passione e di valori. Viva Fidenza, Viva l’Italia”.

E’ con grande soddisfazione che oggi inauguriamo alla presenza del Premier Renzi il nuovo Pronto Soccorso, completamente ristrutturato e ampliato. Il ringraziamento va alle precedenti Direzioni aziendali, all’attuale e a tutto il personale che ha lavorato e che lavora all’Ospedale di Vaio. La costruzione avvenuta solo 12 anni fa e ora l’ampliamento, con una nuova ala che sarà terminata tra circa un anno, sono il frutto di un lavoro comune, fatto in piena integrazione con il territorio, insieme alla capacità di intercettare risorse, nonché alla capacità di questo ospedale di essere attrattivo nell’ambito del sistema sanitario provinciale“, ha dichiarato il Direttore Generale dell’azienda Usl di Parma, Elena Saccenti.

ott 282016
 
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E’ entrata nel vivo la seconda stagione di formazione e informazione contro le mafie avviata dal Comune di Fidenza, che sta con la legalità e dice “no” alla corruzione.

Testimionial d’eccezione della campagna sarà Nando Dalla Chiesa, che giovedì 3 novembre alle 17.30presenterà al Ridotto del Teatro Magnani il libro “Passaggio a nord. La colonizzazione mafiosa” nel corso di un incontro pubblico aperto a tutta la cittadinanza.

Sono questi gli strumenti del progetto di contrasto alle mafie e di promozione di una cultura della legalità e della cittadinanza responsabile che il Comune di Fidenza mette a disposizione degli Amministratori, dei dipendenti pubblici, delle scuole e dei cittadini, perché la lotta all’illegalità si vince tutti insieme. Il progetto coinvolge anche quest’anno le scuole, dove si formano i cittadini di domani, luogo ideale per diffondere la cultura della legalità.

Partner del progetto sono Avviso Pubblico, il Gruppo Abele e la Regione Emilia-Romagna.

Nando Dalla Chiesa, scrittore, docente universitario, sociologo e politico, nonché Presidente Onorario di Libera,figlio del Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, con il suo libro approfondisce il tema delle infiltrazioni mafiose nel Nord Italia.

La mafia fa parte integrante della storia d’Italia. Vi ha messo lunghe e larghe radici. Ma la storia lontana e recente d’Italia viene scritta ignorando la sua esistenza. Come se la mafia non l’avesse attraversata dalla nascita del Regno unitario fino a oggi. La Grande Rimozione di cui si parlerà in questo libro incomincia qui. Dai libri di storia… Questa rimozione vale esponenzialmente per il Nord, dove le organizzazioni mafiose stanno attivamente partecipando alla costruzione della storia presente, dopo averne gettato la loro parte di fondamenta nei decenni passati. Mafia, camorra e soprattutto ‘ndrangheta muovono e condizionano oggi la storia civile e culturale, economica e amministrativa, politica e urbanistica, delle regioni settentrionali. Al Nord stanno anzi provando a verificare la loro capacità di produrre storia in tutto il Paese dopo averla già prodotta per tutto il Paese…”, scrive Nando Dalla Chiesa nella prefazione del libro “Passaggio a nord. La colonizzazione mafiosa”.

Alla presentazione interverranno Nando Dalla Chiesa e Federica Cabras, ricercatrice dell’Osservatorio sulla Criminalità Organizzata dell’Università Statale di Milano e coautrice del libro. Modera: Salvo Taranto di Libera Parma.