feb 072015
 
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“Il Comune di Fidenza estende l’attività di soccorso organizzata per la scorsa notte, garantendo il trasferimento delle persone in difficoltà in albergo per tutto il tempo necessario fino al ripristino dell’energia elettrica. La notte scorsa circa 600 utenze di Fidenza sono rimaste senza corrente elettrica. Enel continua a lavorare per riportare l’energia dopo 30 ore di black out che ha colpito 9.000 utenze in tutta la provincia di Parma, 20.000 nel reggiano e via crescendo fino al bolognese. Enel confida di ripristinare tutto entro sera, almeno nella grande maggioranza delle zone interessate dalla mancanza di energia”.

Lo rende noto il sindaco di Fidenza, Andrea Massari, chiedendo anche oggi ai media e ai cittadini – utilizzando la comunicazione istituzionale e la sua pagina facebook – di diffondere la notizia affinché siano segnalati casi rimasti isolati e in stato di bisogno (famiglie, bambini, anziani, malati, disabili, ecc.) a causa del black out che è perdurato per buona parte del giorno e per tutta la notte in alcune frazioni di Fidenza e in tutta la fascia collinare.

Per attivare i soccorsi e il trasferimento in albergo, il primo cittadino invita a contattare la centrale operativa della Polizia Municipale (0524.205011) oppure il numero verde 800.451 451.

All’appello lanciato ieri sera dal Sindaco per mappare i casi più critici o le zone sparse ancora al buio, hanno risposto tantissimi fidentini, anche sui social con commenti e condivisioni, che hanno favorito la diffusione dei numeri da chiamare in caso di necessità.

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di Andrea Massari, Sindaco

In questa sala consiliare, in questa seduta straordinaria e monotematica di una libera Assemblea democratica, sento l’emozione di essere riuniti esattamente 70 anni dopo l’ingresso dei soldati dell’Armata Rossa nel campo di Auschwitz. 70 anni in cui il mondo libero ha dovuto confrontarsi con l’Orrore e le sue cause e imparare ad attribuire un significato vero alla parola “memoria”.

Una memoria da custodire anche nel nostro territorio e nella nostra provincia, perché nel nostro territorio e nella nostra provincia gli ebrei e i dissidenti anti fascisti hanno subito le stesse malversazioni, le stesse crudeltà viste in tutto il Paese.

Con la promulgazione delle leggi razziali anche gli ebrei di Parma furono allontanati dalle scuole pubbliche, dalle università, dagli impieghi statali, dagli incarichi politici; fu loro vietato di esercitare ogni libera professione, di possedere beni mobili e immobili, di assumere domestici “ariani”.

Scrive l’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Parma:  “Il “Corriere Emiliano”, in un articolo del 13 ottobre, dava notizia dell’espulsione dall’Università di Parma di quattro professori ebrei. Alcuni studenti furono costretti a trasferirsi alla scuola ebraica di Milano. Cinque giorni dopo l’entrata in guerra dell’Italia, il Ministero dell’Interno disponeva il rastrellamento degli ebrei stranieri, ordinandone l’internamento in campi di concentramento o il confino in numerose località italiane.
La deportazione dai territori occupati colpì intere famiglie di ebrei polacchi, ungheresi, olandesi, austriaci, tedeschi, serbi e croati che, fuggiti dai luoghi controllati dai nazisti o dagli ustascia, avevano cercato rifugio nelle zone italiane. Un numero imprecisato di loro venne confinato anche in una ventina di comuni del Parmense, dove la popolazione locale fu generalmente ospitale nei loro confronti. Con l’occupazione tedesca e la costituzione della Repubblica sociale italiana anche gli israeliti di nazionalità italiana dovevano essere inviati in campi di concentramento e tutti i loro beni confiscati a favore della Rsi. Con l’ordinanza di polizia del 3 dicembre 1943, il capo della Provincia di Parma disponeva che la Cassa di Risparmio si occupasse del ritiro e della gestione del denaro e dei valori degli israeliti locali sotto il controllo dell’Intendenza di Finanza cittadina. Intanto, per l’internamento degli ebrei venivano utilizzati i seguenti campi: il castello di Scipione (Salsomaggiore Terme); il campo ubicato nel castello di Montechiarugolo; gli albergo “Terme” a Monticelli Terme”.

Studi che ho voluto condividere con voi, perché spiegano bene come il mondo in guerra conobbe, anche nei suoi angoli più remoti, l’Orrore pianificato, perfezionato e portato avanti con meticolosità da persone “terribilmente normali”, come ha scritto Hanna Arendt nel suo celebre libro, “La banalità del male”.

L’Olocausto, la strage degli innocenti catturati, deportati e ammazzati per la loro religione, la loro etnia, le loro preferenze sessuali, il loro credo anti nazista e anti fascista, per il loro rifiuto di continuare a servire sotto le armi dei dittatori – come ha raccontato magistralmente anche il nostro Giovannino Guareschi –, non è stato solo affare di gruppi dirigenti su cui scaricare comodamente le responsabilità, ma un fenomeno degenerato cui molti hanno assistito impotenti, molti altri hanno reagito a costo della loro vita ma su cui troppi hanno garantito per anni un silenzio funzionale.

Archetipo perfetto di questa storia è la figura – “terribilmente normale” e “banale”– di Adolf Eichmann, l’organizzatore metodico e razionale dello sterminio e della sua logistica, perfezionista che ha seguito la programmazione dei rastrellamenti e della consegna dei prigionieri direttamente sulle soglie dei cancelli che motteggiavano sul “lavoro che rende liberi”. Processato in Israele rispose come tanti altri prima di lui davanti al Tribunale Alleato di Norimberga: “Tutti ordinavano ed io eseguivo, ecco la mia colpa, eseguivo gli ordini come un vero soldato”.

Una frase che è il manifesto ideologico di quel sonno della ragione che ha devastato l’Europa nel corso del grande conflitto mondiale, iniziato ai primi del ’900 e di fatto risoltosi solo nel 1945.

Un sonno dal quale il mondo si riprese bruscamente alla fine del conflitto, sgomento. Come sgomenti e increduli erano i i volti dei cittadini tedeschi di Weimar, costretti dalle truppe americane a sfilare dentro al campo di concentramento di Buchenwald. Il campo dove, peraltro, si sperimentavano cure ormonali per l’omosessualità.

Fatti, storie, che ho voluto citare perché abbiamo il dovere di chiederci cosa lascia questa lunga sequenza di documenti, di cultura storica, di immagini. Quanto ci ha resi cittadini consapevoli conoscere e studiare l’Olocausto?
Lo chiedo perché il progressivo venir meno dei testimoni diretti di quel dramma mondiale ci pone, ancor più espressamente, di fronte all’obbligo di agire per liberare la memoria dalla plaude della ritualità, dell’atto dovuto. Della formalità.
Per difendere la “memoria”, anche, perché a 70 anni di distanza le vergogne revisioniste non sono venute meno. Anzi. Con sempre maggiore facilità si può leggere chi ritiene “presunte e pretese” le 6 milioni di vite stroncate nel nome della purezza della razza.

Lo hanno detto e scritto in tanti e io ci credo: possiamo affrontare e vincere la sfida della memoria chiedendoci non “cosa avrei fatto 70 anni fa, se fossi stato catturato perché ebreo o zingaro o omosessuale, o oppositore di Hitler e Mussolini”; dobbiamo chiederci, insieme alle nuove generazioni, soprattutto a loro, “cosa farei adesso”.

Adesso, sì. Perché nulla è più attuale della storia: il mondo ha vissuto l’Olocausto ma è passato negli stessi anni attraverso le foibe, la pulizia etnica durante la guerra nell’ex Jugoslavia; conosce la persecuzione dei cristiani, conosce l’efferatezza dei fondamentalismi, la proliferazione della corsa nucleare, la velocità con cui l’intolleranza e l’odio possono arrivare alla massima potenza, cioè alla follia omicida, scatenata il più delle volte contro minoranze inermi. Contro le donne, oggi come 70 anni fa.

Il mondo libero non può permettersi il lusso dell’inazione di fronte a quanto sta accadendo. Dialogo, mutuo soccorso per uno sviluppo solidale che non ricalchi i peggiori errori della nostra epoca, dovrebbero essere elementi condivisi in seno alla comunità internazionale, non solo parole, parole, parole. Ad esempio, non può essere un problema solo italiano la gestione dei flussi migratori che l’Europa non si decide ad affrontare con misure strutturali. Non può essere solo un problema turco la recrudescenza islamista conservatrice che peggiora ulteriormente la svolta democratica in un Paese chiave nei rapporti tra Est e Ovest. Così come non può essere solo un problema ucraino il rapporto con la Russia che ha rispolverato le sue pretese panegemoni in tutto l’Est europeo.

Ognuno di noi ha una responsabilità enorme, che è quella di dare concretezza a quel “je suis Charlie” che tutto il mondo ha esibito come un riscatto dopo il massacro di Parigi e che tutti siamo impegnati perché possa essere una ripartenza. La ripartenza dei diritti fondamentali e della necessità di saldare il nostro stare insieme su presupposti diversi, nei quali possano riconoscersi i popoli, non solo i governi e i gruppi dirigenti.

Per questo, chiudendo, lasciatemi leggervi questa frase, con l’auspicio che possa essere patrimonio collettivo di questo consiglio:

“Che la lezione di quegli episodi è semplice e alla portata di tutti. Sul piano politico, essi insegnano che sotto il terrore la maggioranza si sottomette, ma qualcuno no, così come la soluzione finale insegna che certe cose potevano accadere in quasi tutti i paesi, ma non accaddero in tutti. Sul piano umano, insegnano che se una cosa si può ragionevolmente pretendere, questa è che sul nostro pianeta resti un posto ove sia possibile l’umana convivenza”.

gen 282015
 
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di Alessandra Narseti

La legge n.211 del 20 luglio 2000 afferma: “la repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Aushwitz, “giorno della memoria”, al fine di ricordare la shoah, le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati”.

Ecco, in realtà altri ebrei vennero uccisi nelle settimane seguenti, ma la data del 27 gennaio è stata giudicata più adatta di altre a simboleggiare la shoah e la sua fine. Oggi quindi, esattamente oggi, ricorre Il settantesimo anniversario dell’abbattimento dei cancelli del campo di concentramento di Aushwitz da parte delle truppe dell’armata rossa, cancelli dietro i quali i soldati trovarono un orrore inimmaginabile.

Particolarmente toccante la testimonianza di un soldato russo Yakov Vincenko, che al tempo dei fatti aveva solo 19 anni, e che tanti anni dopo racconta: “quel giorno ad Aushwitz è diventato centrale nella mia vita solo quando anche il mondo ha elaborato una coscienza della verità e della vergogna. Nemmeno noi, che abbiamo visto, ci volevamo credere. Ho sperato per anni di riuscire a dimenticare: poi ho capito che sarebbe stato comportarsi da colpevole, diventare complice. Così, ricordo. Non sono riuscito a comprendere come sia potuto succedere, ma a chi nega l’olocausto dico: credete a me che quando ero lì ho cercato di convincermi che non fosse vero” e continua “ho aperto le porte delle baracche, all’interno uomini moribondi pregavano, temevano li ammazzassi. Quando ho detto loro che erano liberi, non percepivo felicità. Li vedevo sollevati ma non avevano la forza per reggere la gioia”.

Bene, i cancelli di Aushwitz sono stati abbattuti, ma tanti altri cancelli rimangono ancora da abbattere: non si tratta più di cancelli fisici, ma di cancelli ideali fatti di pregiudizi e cementati dall’intolleranza, barriere tra le culture, tra le religioni, tra le diversità.

L’antisemitismo stesso, non è del tutto dietro le nostre spalle: forse non tutti sanno che il nostro paese detiene il triste primato delle ingiurie, insulti e messaggi di intolleranza antisemiti su internet ed è questo un dato confermato da un rapporto dell’agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali. E allargando lo sguardo all’Europa, emergono fatti ancora più drammatici: dalla strage alla scuola ebraica di Tolosa del 2012 in cui persero la vita un professore di religione e tre bambini, agli ultimi tragici fatti di cronaca che non occorre neanche ricordare tanto sono impressi nella memoria di tutti. Questo clima ha fatto sì che a Parigi si consigli agli ebrei di camminare in gruppo e mai soli e di portare sopra la kippah un cappello sportivo. Inoltre, metà delle famiglie ebraiche di Villepinte, sobborgo proletario a nord della capitale hanno lasciato il quartiere e la sinagoga locale, già incendiata nel 2011 ed e’aumentato esponenzialmente il numero di ebrei che hanno lasciato la Francia per far ritorno nello stato di Israele ( si parla di 7000 nel 2014 contro i 3500 del 2013). Tutto questo contrasta terribilmente con le libertà simbolo dell’Unione europea e testimonia più di ogni altra cosa come il ricordo del dramma della shoah non sia soltanto un formalismo, ma sia oltremodo necessario in una società che a volte sembra vacillare sul rispetto del prossimo. Insomma, i cancelli di Aushwitz sono stati abbattuti, ma tanti altri cancelli restano ancora da abbattere.

gen 272015
 
consigliodivittorio

[La frase non è nostra, ma del fondatore di Twitter Jack Dorsey, che una qualche opinione allarmata sulla deriva dell’immediatezza dei social network può autorevolmente esprimerla.]

Mercoledì 21 c’è stato il Consiglio Comunale straordinario sul fallimento della Coop DiVittorio. Il Partito Democratico ha sostenuto una posizione molto netta che proviamo a riassumere nonostante molti di voi abbiano magari già visto l’intero Consiglio in streaming (se no qui trovate i video) o comunque ne abbiano letto in millemila posti.

Abbiamo presentato un Ordine del Giorno (lo scaricate a questo link) che chiedeva alla minoranza di unirsi in una dichiarazione d’intenti capace di coordinare gli sforzi per il futuro dei soci e dei coinvolti nel fallimento. Inutilmente, perchè all’opposizione – che ha vissuto il Consiglio come una straordinaria opportunità per coprirci di fango – non interessava altro che rivendicare vicinanza e collateralismi del passato. L’ordine del giorno è stato approvato.

Negli interventi abbiamo preso tre definite posizioni, tutte molto legate alla sostanza del problema, che è gravissimo, molto tecnico e non certo relegabile al breve periodo di un comunicato stampa e non meriterebbe questo snervante teatrino:

- la cooperazione di abitazione ha una storia nobilissima e quando ci “accusano” di esserne stati fiancheggiatori noi rispondiamo che l’abbiamo fatto con orgoglio e che lo rifaremmo. E’ stato un movimento sociale e politico che ha gestito in moltissime regioni e positivamente il problema della casa per le fasce deboli di questo paese e lo ha fatto dando loro la dignità dei soci. Vale lo stesso per la cooperazione e i suoi strumenti che ogni giorno, in uno stillicidio veramente nauseante subiscono attacchi ignoranti (non sanno di cosa parlano, non l’hanno mai frequentata) da parte dei principali esponenti dell’opposizione cittadina. Chi sarà chiamato a rispondere di eventuali atteggiamenti legati a quel che dice la sentenza ne risponderà anche di fronte a questa storia. Noi faremo tutto il possibile perchè chi ha sbagliato paghi il suo, senza cercare capri espiatori o imbastire tribunali paralleli, ne tantomeno intervenendo nel lavoro della magistratura [ne ha parlato soprattutto Marco nel pezzo che potete scaricare cliccando qui]

 - il partito (e quindi l’amministrazione che ne è espressione) ha provato in tutti i modi a dare un contributo affinchè le due emergenze più gravi – il diritto alla casa e il risparmio dei soci prestatori – fossero messe in sicurezza. Sul primo abbiamo avuto ottime e positive risposte grazie al lavoro dei Sindaci (e della Legge che li sostiene), mentre sul secondo lavoreremo con tutte le nostre forze, lo abbiamo scritto pure sulla stampa. Non esiste alcuna maggiore vicinanza degli assegnatari della indivisa rispetto ai prestatori. [l’intervento di Davide Rastelli lo trovate cliccando qui]

- continuare ad insultare chiunque provi a dare un contributo come membro del centrosinistra in maggioranza a Fidenza è sbagliato e inutile. Sbagliato perchè vale per il dibattito pubblico quel che nella teoria sociale viene definita “teoria della finestra rotta” per cui un singolo – magari non espertissimo di leggi e codici – che vede che i principali esponenti dell’opposizione politica cittadina insultano quotidianamente il segretario del Pd o il consigliere delegato alla tal cosa, si sentirà in potere di fare altrettanto e con tutti quelli che faranno lo stesso avremo un imbarbarimento del dialogo politico che nuocerà a tutti e che offenderà Fidenza e i fidentini.  Inutile perchè in Consiglio abbiamo la maggioranza e questa è una cosa che la minoranza dovrebbe prima o poi accettare, perchè presentare OdG alternativi che sfiduciano il Sindaco “senza se e senza ma” non è una buona via per la collaborazione [l’intervento di Franco Amigoni sul tema è scaricabile qui].

Sono tempi bui: il complottismo da sbarco, il gossip morboso, la malafede, la superficialità e, nel migliore dei casi, il nichilismo, sono segnali della disperazione che ne deriva. Forse bisognerebbe provare a migliorare il clima anzichè giocare a peggiorarlo.

gen 192015
 
famiglie

Il 23 Gennaio 2015 alle ore 9 saranno presentati gli esiti del  progetto UNA FAMIGLIA PER UNA FAMIGLIA svolto nei territori del Comune di Parma e del Distretto di Fidenza.

Al Centro Giovanile EX Macello di Via Mazzini, 4 si terrà la conferenza “IL SENTIERO È RIPIDO… MI ACCOMPAGNI?” parleranno le famiglie e gli operatori coordinati dal dott. Roberto Maurizio (Fondazione Paideia) e a seguire la tavola rotonda UN PROGETTO NUOVO IN UN WELFARE CHE CAMBIA” con:

- Francesco Longo – ( Docente Associato del Dipartimento di Analisi delle Politiche e Management Pubblico dell’Università Bocconi di Milano)
- Monica Pedroni (Servizio politiche familiari , infanzia adolescenza Regione Emilia Romagna)
- Alessia Frangipane Assessore alle Politiche Sociali del Comune di Fidenza
- Laura Rossi Assessore alle Politiche Sociali del Comune di Parma

Info: e-mail: centroperlefamiglie@comune.fidenza.pr.it  Telefono: 0524/525076

gen 142015
 
Cecile-Kyenge

di Franco Amigoni

Il signor Fabio Rainieri è stato condannato a un anno e tre mesi e a un risarcimento di 150mila euro nei confronti di Cecile Kyenge, ex ministro e ora euro parlamentare del PD. In rete troverete senza difficoltà la foto taroccata che Rainieri ha prodotto, e che i giudici non hanno considerato satira, ma diffamazione con aggravante della discriminazione razziale.

Ecco la dichiarazione di Rainieri (vice presidente del consiglio regionale dell’Emilia Romagna e segretario nazionale della Lega Nord Emilia) dopo la condanna: “Sono allibito davanti alla machina del fango montata ad arte solo per mettere a tacere l’avversario politico. Da più parti vedo sollevarsi accuse di discriminazione razziale nei miei confronti. Ma sono – e lo ribadisco ancora una volta con forza – accuse montate ad arte e che non hanno alcuna base di verità. Il fotomontaggio incriminato non ha alcun intento razzista. A chi mi accusa di essere razzista rispondo che nella mia azienda ho un dipendente di origine extracomunitaria e di religione islamica perfettamente integrato con il quale lavoro benissimo. Per questo mi spiace se qualcuno si è sentito offeso a seguito della pubblicazione di quel fotomontaggio e torno a sottolineare che, personalmente, non ho mai avuto alcuna intenzione di alimentare nessun genere di razzismo o di discriminazione. 
Attaccare una persona per il colore della sua pelle non è solo razzista ma è anche idiota. Così come lo è cercare di inventarsi un mostro quando questo non esiste”.

Da parte sua, Cecile Kyenge ha risposto così:
Ha vinto la giustizia. Non si trattò di una critica politica, ma di vera e propria propaganda volta a seminare odio e violenza. Perché la critica implica dialettica e argomentazione. Dileggiare una persona esclusivamente per il colore della pelle non implica argomentazione, né retropensiero. È come dire: ‘tutti voi, neri, non siete solo razza inferiore ma siete animali’. Un vero e proprio atto di violenza e come tale va sanzionato dalla legge. Istigare le persone a considerare i neri come animali non è satira, né critica, ma solamente un reato ed è proprio per questo che trovo altrettanto grave la decisione della Lega Nord di non discostarsi dalle posizioni sostenute da Rainieri. In questo modo è l’intero partito a rendersi corresponsabile delle sue azioni”.

Probabilmente Rainieri si era dimenticato due cose:

1. che lui non è una persona qualsiasi, ma un uomo delle istituzioni (mi viene freddo solo a dirlo);
2. che la discriminazione razziale non è esattamente satira.

gen 142015
 
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Dopo la sentenza di fallimento della Di Vittorio il PD si è preso un momento di silenzio e riflessione, perché ci sono momenti nei quali tacere significa riprendere fiato, cercare le parole giuste, riflettere prima di esprimersi e non abbandonarsi alla moda dell’esternazione fine a se stessa. Ora, sull’intera vicenda, offriamo alla pubblica riflessione cinque ragionamenti chiari ed operativi.

Prima di tutto, rispetto per la storia della cooperazione di abitazione e per la Di Vittorio: se sul territorio è stato garantito il diritto alla casa a centinaia di famiglie con meno protezioni sociali, si può solo parlare di conquiste. Conquiste garantite anche da istituti come il prestito sociale. La storia della Di Vittorio è fatta soprattutto di progetti che si sono ispirati ai valori sani della cooperazione che in certa parte sono analoghi a quelli del centrosinistra. Chiedete ad uno dei 900 circa che abitano in un alloggio di edilizia residenziale convenzionata. Quindi scrivere che la “cooperazione è un fenomeno degenerativo di come fare impresa […]” è offensivo e antistorico. Il tentativo dell’opposizione è chiaro: sfruttare la paura per fare cassa elettorale. Ci han provato anche in campagna elettorale, senza molto successo. Perché i fidentini sanno che la degenerazione post 2008 è una storia a se, ispirata a ben altre circostanze, lo dice la sentenza. Sostenere che il Pd sia coinvolto in questa fase è puro delirio e chi lo sostiene andando oltre l’opinione e facendo illazioni, lo ricordiamo, se ne assumerà la responsabilità.

Per questo scriviamo molto chiaramente che chi ha sbagliato deve pagare. Sono state pubblicate una relazione commissariale prima e una sentenza poi, che descrivono minuziosamente le azioni di una cooperativa che dopo il 2008 ha scelto di non correre ai ripari ma – anzi – di farsi gruppo, di far galoppare i debiti con formule apertamente descritte come “penalmente rilevanti”. Vedremo se si aprirà un processo. Possiamo solo dire che siamo e saremo sempre al fianco della Magistratura e delle sue azioni, chiedendo con tutti gli strumenti politici e di legge permessi che chiunque ha sbagliato sia chiamato a rispondere.

Quanto a noi stiamo lavorando sul futuro, che è il terreno culturale sul quale ci sentiamo più portati. Due sono i diritti da far valere: il diritto alla casa per tutti coloro che abitano negli alloggi della proprietà indivisa – già blindato dai Sindaci e confermato l’8 gennaio scorso dai due Curatori - e il diritto dei soci prestatori al rimborso (almeno parziale) del capitale investito. Al momento è l’aspetto su cui urge una soluzione soddisfacente e il Pd di Fidenza ritiene che la Regione Emilia-Romagna debba promuovere rapidamente un momento con tutto il mondo cooperativo per trovare una soluzione al problema. Ecco perché stiamo costruendo una serie di incontri con i consiglieri regionali eletti a Parma e altre iniziative di cui daremo di volta in volta notizia.

Per questo esprimiamo il nostro supporto totale all’iniziativa del Sindaco di Fidenza e di tutti gli altri sei Sindaci che, senza distinzioni di parte politica, stanno lavorando per promuovere legalità, trasparenza e tutele.

gen 022015
 
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Non so chi di voi ha mai conosciuto Ivano Barberini, storico presidente di Legacoop, scomparso nel 2009.
Io l’ho conosciuto a Roma, quando ci lavoravo, e vi assicuro che era una persona che letteralmente incarnava i valori della cooperazione così come la si può studiare sui libri di storia, quello straordinario strumento di eguaglianza che – a partire dal settore del consumo – ha letteralmente rivoluzionato l’imprenditoria del ’900. Rivoluzionata, non tradita.

Nel 2008 Legacoop si fece promotrice di un lavoro molto approfondito sulle regole per la governance delle cooperative. Nel documento (lo trovate cliccando qui, è un po’ lungo, ma magari avete 10 minuti da investire) si afferma un principio che alcuni nostrani commentatori sembrano non tenere in considerazione: le regole di governo di una istituzione cooperativa sono finalizzate all’effettivo ottenimento dei risultati perseguiti – si governa cioè verso un risultato - ma le regole di governo sono ancor più cruciali per assicurare la stabilità nel tempo della visione e della missione. Sembra banale, ma non lo è per niente, specie se applicato all’imprenditoria privata italiana.

Bene, nonostante questo lavoro scritto durante l’autorevole guida di Barberini le regole di governo delle società cooperative non sono state in grado di evitare infiltrazioni malavitose importanti e, che è peggio, lo sviluppo nel loro stesso ambito di comportamenti malavitosi rilevanti. Questo risultato è sorprendente per tantissimi osservatori.

Scrive il prof. Tagliavini dell’Università di Parma in un suo intervento recente che “[...] esistono infatti diversi meccanismi standard che sono finalizzati ad escludere che una istituzione sia “catturata” da qualcuno, che prima diviene sempre più forte, che poi diviene inamovibile, che poi ha la possibilità di realizzare comportamenti illegali senza più che le regole di salvaguardia entrino in funzione.” Questi meccanismi standard non vanno inventati, vanno semplicemente applicati e nel documento li trovate molto ben esplicitati.

“Una volta applicati  - continua Tagliavini – si osserva invariabilmente che i comportamenti devianti diventano impossibili, o assolutamente improbabili. Se ci sono le giuste regole di governo, i comportamenti vengono efficacemente contrastati. Se tali regole non ci sono, i comportamenti devianti sono possibili. Il profilo su cui riflettere non è tanto la repressione del reato, ma l’attuazione di regole di governo aggiornate ed efficaci, con le quali i reati non possono essere compiuti.”

Eppure in alcuni casi queste regole sono evidentemente insufficienti. Le regole di governance devono essere infatti tarate verso l’obiettivo della stabilità, oltre che dell’efficienza, e in questo senso si sono dimostrate deboli.

Per questo nel documento si parla anche dei profili di ulteriore lavoro che sono diversi:
1) le regole che contrastano i comportamenti autoreferenziali devono essere obbligatorie e non discrezionali;
2) il vincolo sul numero massimo di  mandati deve essere preciso ed obbligatorio (le timidezze a questo riguardo sono assai pericolose);
3) il cumulo degli incarichi a livello di gruppo deve essere regolato in modo restrittivo;
4) gli amministratori indipendenti devono esserlo in senso effettivo;
5) la separazione del ruolo di indirizzo strategico dal ruolo di gestione deve essere effettivo.

“Se si analizza la vita societaria della “Cooperativa 29 giugno” [e di qualche cooperativa di quaggù NdA] si riscontrano tutti gli elementi che consentono a una personalità forte (o un gruppetto coeso di persone) di “catturare” l’istituzione presieduta. Con regole statutarie inadeguate si può fare affidamento sulla fortuna o sulla correttezza dei singoli. Ma le istituzioni economiche importanti devono essere meglio tutelate, a prescindere dalla fortuna o dai comportamenti dei singoli.

Perchè la cooperazione non è “un fenomeno degenerativo di come fare impresa, nel senso che se andiamo a vedere le definizioni del codice civile nelle coop spesso chi organizza uomini e mezzi ( il direttore della coop. ..) non rischi quasi nulla del suo, cioè fa l’imprenditore coi soldi degli altri…”.

La cooperazione – quella fatta bene – sposta l’orizzonte dal mio al nostro, dall’io al noi, ed è un salto che purtroppo non risulta più molto di moda, ma che non è morto, basta andare a vedere come lavorano alcune piccole cooperative, anche molto vicine a noi, o come lavorano altre grandi cooperative, che sono partecipate, non delegate.

dic 302014
 
genius loci

di Franco Amigoni

C’è un tema che continua ad affacciarsi, implicitamente o esplicitamente, nelle discussioni di questi mesi anche a Fidenza. E’ un tema che divide, che costituisce uno spartiacque ideologico, ma che forse può essere affrontato costruttivamente anche qui.

Abbiamo assistito infatti a molte affermazioni da un lato sulla necessità di difendere “le radici”, simboleggiate dal Duomo, dalla Via Francigena, dall’ambiente (i famosi “gelsi” che hanno rappresentato per un movimento locale una bandiera ambientalista), dall’agroalimentare (e qui chi più ne ha più ne metta: galleggianti, food valley, il prosciutto di parma, eccetera).

Dall’altro lato, ci si è mossi evidenziando che il mondo attorno a noi è molto grande e si muove molto velocemente, ed è necessario, per non restare indietro, imparare a progettare in modo diverso e ad utilizzare strumenti nuovi (anche qui ci sono simboli e bandiere: il social housing, il coworking, le città e le comunità “intelligenti”).

Purtroppo si tratta di nomi che spesso vengono dal mondo anglosassone, e una parte non piccola della gente vede con sospetto questo semplice fatto (a me pare un atteggiamento provinciale, che rimanda all’epoca fascista e a quando i nomi degli attori nei film di cassetta venivano italianizzati a forza, ma sono contrario all’uso dell’inglese a tutti i costi, che mi pare di converso, almeno talvolta, una forzatura snob).

Il timore del nuovo da una parte, l’entusiasmo per il nuovo dall’altro. D’altra parte, la sinistra dovrebbe essere progressista. O no? Comunque il tema che sottende a tutte queste discussioni e affermazioni di principio è il Genius Loci.

Vediamo cosa dice Wikipedia: “Il Genius loci è un’entità naturale e soprannaturale legata a un luogo e oggetto di culto nella religione romana. Tale associazione tra Genio e luogo fisico si originò forse dall’assimilazione del Genio con i Lari a partire dall’età augustea. Secondo Servio, infatti, nullus locus sine Genio (nessun luogo è senza un Genio) (Commento all’Eneide, 5, 95).

Quindi stiamo maneggiando un tema molto molto delicato e reale, e sacrosanto. Si tratta dell’identità dei luoghi, e quindi delle persone. Ed è un tema molto pericoloso, se non viene maneggiato con cura. E’ un attimo, infatti, debordare e diventare nazionalisti estremisti. Oppure, al contrario, forzare la mano al cambiamento e “snaturare” un luogo. Mi ha sempre colpito molto, per esempio, il fatto che il fidentino medio, riguardo le torri della Stazione (caso eclatante di genius loci messo in discussione), si preoccupi innanzitutto di dire che sono brutte. Che non c’entrano con il resto. D’altra parte, cosa c’entrava con il resto il Museo Guggenheim di Bilbao, infilato in un quartiere industriale dismesso? Certo, qui non abbiamo avuto archistar.

Secondo me, il genius loci, nella sua versione migliore e aperta al nuovo, è la chiave di volta per trovare un punto di accordo tra tutte le posizioni. Che ottimismo sfrontato, vero?

dic 232014
 
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dalla traccia del discorso per gli Auguri di Natale del 22 dicembre 2014

I LAVORATORI DEL COMUNE PROTAGONISTI DEL CAMBIAMENTO
Un ringraziamento particolare lo rivolgo a TUTTE le lavoratrici e a TUTTI i lavoratori del Comune, che non amo definire dipendenti, parola che mi restituisce un senso di subalternità e di distanza. Credo che subalternità e distanza debbano, invece, essere due parole da cancellare dal nostro vocabolario: tutte e tutti voi siete la risorsa più preziosa, con la quale, dopo anni di navigazione a vista, ci stiamo rapportando senza diktat ma solo e soltanto col dialogo, per realizzare una crescita importante. Come vi ho scritto nella lettera che avete ricevuto qualche giorno fa, non esiste riforma o grande conquista di un Comune che possa essere definita tale solo per merito del Sindaco e dell’Amministrazione.

Ogni risultato positivo che costruiamo per Fidenza, ogni traguardo che fa avanzare la comunità e la rende coesa, lo facciamo dando INSIEME forma e sostanza alle idee. Insieme ai cittadini e alle imprese, insieme alle associazioni di categoria e del volontariato, insieme a voi, che siete parte della comunità fidentina.

In questi primi 180 giorni abbiamo conquistato insieme per Fidenza grandi risultati sotto gli occhi di tutti: lo stanziamento di 4 milioni da parte dello Stato per la conclusione delle bonifiche, il risanamento dei conti comunali dove abbiamo trovato quasi mezzo milione di euro di spese già fatte e non finanziate, il ritorno su larga scala di interventi per riportare Fidenza ad essere una città pulita, sicura e ordinata, con investimenti che non si vedevano da 5 anni. In un concetto: bentornate opere pubbliche e manutenzione. Abbiamo messo rapidamente in condizione un’importante realtà di poter investire a Fidenza, rendendoci il polo cinematografico alternativo a Parma, riferimento anche per il piacentino. Un progetto che inizia a mostrare come è stata riconvertita al servizio della comunità l’immensa area delle bonifiche e delle zone limitrofe.

RIDUZIONE DELLE TASSE (COSAP, IMU SECONDA CASA, ecc.)
Vorrei dirlo anche ai cittadini e alle autorità qui presenti, abbiamo lavorato tanto per affermare questo gioco di squadra. E lo abbiamo fatto costruendo da un lato le basi per un Comune più rapido, più snello, meno costoso, riducendo il gruppo dirigente a 2 unità – a cominciare dalla soppressione in pianta organica del direttore Generale, costosa figura da oltre 100.000 euro all’anno che pure il Testo Unico aveva bandito già nel 2009 – e chiamando tutte le posizioni intermedie a ritornare, finalmente, protagoniste del Comune nuovo che si aspettano cittadini e imprese.

Dall’altro lato abbiamo risolto problemi enormi che si erano accumulati nel tempo. Primo fra tutti una inaccettabile incertezza sul diritto del salario accessorio che ha colpito voi e le vostre famiglie. Dal momento che i vertici amministrativi dell’Ente (Direttore Generale e Segretario Generale) avevano già viste liquidate con estrema puntualità le loro spettanze per i mandati di riferimento, questa Amministrazione ha pagato il conto lasciato sul tavolo da altri, versando lo scorso novembre la produttività 2013 ed entro febbraio salderà quella relativa all’anno 2012, sul quale, come sapete e come è stato scritto anche dalle Organizzazioni sindacali, sussistevano criticità rilevanti, cui ci siamo fatti carico di dare risposta, per non lasciare indietro nessuno.

CHI HA PAURA DEL CAMBIAMENTO?
Questa è solo una delle tante situazioni sospese cui abbiamo messo la parola fine e che oggi, trascorsi i primi 180 giorni di lavoro, credo sia giusto rendicontare insieme ad alcuni degli obiettivi che abbiamo per l’anno nuovo alle porte. Fidenza ha ripreso a correre, Fidenza ha ripreso il dialogo non semplice con tutti i comuni della Bassa intorno ad un progetto condiviso di sviluppo. Fidenza ha dimostrato di avere un progetto di forte innovazione per questo territorio. Lo abbiamo visto alle elezioni provinciali, da cui è uscito grazie alla mediazione e all’impegno di Fidenza un presidente che è di questa zona e condivide con noi comuni obiettivi e progetti.

Fidenza sta guardando al futuro e lo fa – uso un termine brusco – infischiandosene delle consorterie politiche, degli altarini delle piccole patrie e di tutti quegli interessi che più strepitano, più ci testimoniano che dal rilancio hanno tutto da perdere, preferendogli, invece, il caos e i polveroni da usare per 15 minuti di campagna elettorale. Lo vediamo tutti i giorni nella propaganda di chi ha lasciato in bolletta i contribuenti di Fidenza, con due bilanci completamente da fare che abbiamo sbrogliato noi tra giugno e settembre – peraltro disinnescando in corsa un nuovo commissariamento –, con tutto quel che ne consegue: la sovrapposizione di una mole enorme di adempimenti e la responsabilità, mai semplice, di applicare nuove imposte decise dallo Stato che altri hanno accuratamente evitato di fare per tempo, per avere mani libere. Sono le stesse persone che hanno raso al suolo perfino la pagina Facebook del Comune pagata coi soldi dei fidentini e adesso sparita e addossano i loro fallimenti su di voi, lavoratori del Comune, accusati senza vergogna di essere cellule e sabotatori.

Abbiamo visto la paura di cambiare passo e riprendere a correre in quel che è successo in Asp e nell’Unione delle Terre Verdiane. Ma siamo qui e andiamo avanti, più convinti di prima di aver messo le mani su dei nervi scoperti.

ASP
Prima durante la campagna elettorale, poi da Sindaco eletto dai cittadini di Fidenza, ho sempre avuto ben chiaro che dalla qualità dei servizi erogati da Asp dipende la qualità della vita e il sostegno per centinaia di persone e per le loro famiglie. Persone che ricevono quei servizi e persone che danno, col loro lavoro, quei servizi. Almeno dal 2013 è venuta a galla una campagna in cui una serie di soggetti hanno sguazzato, creando l’illusione, peraltro scritta nero su bianco su siti, blog e comunicati stampa, che un gruppo di sindaci “servi delle coop” abbia svenduto i servizi e la vita dei lavoratori alle imprese private.

Sorvolo su chi si è buttato a pesce sull’opportunità di fare campagna elettorale al 90° scaduto, sono questioni di stile, lo stile che manca negli insulti quotidiani rivolti a Istituzioni diverse dal Comune, accusate di occultare notizie o di speculare sull’edilizia. Gli insulti diretti contro la maggioranza consiliare, i colleghi Sindaci e i ragazzi della mia Giunta che campeggiano nelle pagine Facebook di un gruppo d’opposizione. Ma dopo l’occupazione del Consiglio comunale da parte di lavoratori pubblici in forza ad Asp cui è stato detto che resteranno senza lavoro per colpa dei Sindaci, credo sia utile riportare un ragionamento di verità. Come? Lo faremo smascherando le bufale perché tocca a noi trainare una stagione nuova, migliore e soprattutto, più efficace e chiara per tutti.

Non svendiamo nulla alle Coop, ma rispettiamo la nuova legge regionale che molti fingono di non conoscere. Mantenendo la leadership pubblica, diamo una gestione unitaria alle nostre strutture in cui da 20 anni non esiste più l’utopia del tutto pubblico ma un modello in cui pubblico e privato sociale hanno lavorato fianco a fianco. Nessuno dipendente pubblico perderà il posto di lavoro. Anzi, nella simulazione che il cda ha dato a noi Soci si prevedono 39 nuove assunzioni.

Non solo le rette non aumentano, ma si riducono quasi del 50%: tutti i posti in casa protetta (97) diventeranno accreditati con un costo per le famiglie di 49,50 euro e non più di 70 euro.

TERRE VERDIANE
Dicevo, abbiamo visto la paura di cambiare nell’Unione delle Terre Verdiane, ridotte al commissariamento. Il 2015 deve essere l’anno della svolta per il grande territorio che sta intorno a noi, l’anno in cui conteremo quanti si uniranno a Fidenza nel dire basta ai desiderata di una classe politica irresponsabile. L’Unione delle Terre Verdiane così come è non funziona più e i cittadini, giustamente, la percepiscono come qualcosa di inutile e distante, un multificio nel migliore dei casi.

Arriverà il commissario prefettizio e io dico “bene”, a mali estremi, estremi rimedi. Fidenza non starà ferma a guardare. Se nel nuovo Consiglio che verrà ricostituito emergerà l’esigenza di un cambiamento netto, noi siamo pronti a portare avanti un progetto di svolta radicale per tagliare gli sprechi, i doppioni, per creare opportunità di sviluppo per tutta la nostra economia. In caso contrario Fidenza verrà sempre e comunque prima di tutto e farà la sua strada.

Così come abbiamo già fatto con Salsomaggiore, lanciando una Centrale Unica di Committenza che da gennaio vedrà i comuni che amministrano da soli 46.000 abitanti acquistare beni e servizi in forma congiunta, una massa critica che ci farà risparmiare ed essere più veloci. Intanto ho chiesto agli ufficidi valutare tutte le convenzioni che il Comune di Fidenza ha nelle Terre Verdiane e di fare il quadro della situazione per un’ipotesi di rinuncia a tutte le convenzioni. Prima viene Fidenza e la tutela dei servizi per i suoi cittadini, che, in questa situazione delle Terre Verdiane, non vedono garanzie. Se un giorno l’Unione verrà riformata pesantemente e tornerà ad essere un ente in grado di dare servizi, ci vorrà pochissimo a rimettere tutte le convenzioni dentro alle Terre Verdiane.

PSC
Lasciatemi dire che l’anno che sta per iniziare sarà l’anno in cui chiuderemo la grande partita del Piano urbanistico (Psc), volano dello sviluppo di Fidenza e del territorio verdiano. Un piano basato sul principio del recupero e della riqualificazione urbana, per rendere più bella la nostra città e rimettere in moto il settore edile. Un piano basato sul principio del consumo a saldo zero, per difendere il suolo da ogni spreco.

BONIFICHE E RIUSO
Il 2015 sarà l’anno in cui avanzeranno ancora i lavori di bonifica, perché sui 115.000 metri quadrati di ex Cip-Carbochimica realizzeremo una parte significativa della città nuova che abbiamo in mente, per sostenere la buona impresa a basso impatto ambientale e la buona occupazione.

SEMPLIFICAZIONE
Il 2015 sarà l’anno, infine, in cui tutto quello che fin qui abbiamo programmato verrà messo a frutto. Mi riferisco anche all’impegno per la semplificazione del nostro Comune, a favore dei cittadini e delle imprese, sfoltendo la giungla di oltre 81 regolamenti che rendono la vita di tutti noi più complicata, anche per realizzare le procedure più semplici. Abbiamo due regolamenti internet per la stessa biblioteca, un regolamento per ogni mercato, 20 persone in tutte le Terre verdiane che si occupano solo di buste paga.

LAVORO NELLA TESTA E NEL CUORE: DI VITTORIO, BORMIOLI, FINIDRA
Facciamo tutto questo e facciamolo bene, spiegando passo passo ai fidentini il percorso delle riforme. Facciamo tutto questo perché il risultato che avremo sarà quello di una Comunità più forte, più coesa e, soprattutto, di una città in cui avremo posto tutte le condizioni ideali per investire e creare lavoro. Il Comune non può essere un’agenzia di collocamento, ma può e deve rimuovere tutti gli ostacoli che frenano lo sviluppo. Il lavoro nella testa e nel cuore non è uno slogan ma l’impegno che ci siamo presi e per il quale stiamo combattendo giorno dopo giorno. Insieme.